CSQ 33.1 (1998) 5-12.
Forse la più difficile delle vite dei nostri fondatori cistercensi da ricostruire accuratamente è quella di San Roberto di Molesmes, uno dei tre creatori di Citeaux, e, se non il fondatore e dell’ordine, almeno uno dei principali iniziatori dell’ideale cistercense.
La sua lunga vita, spesa in diversi monasteri e in comunità semieremitiche, è ostacolata da oscuri conflitti con il monachesimo cluniacense convenzionale del suo tempo, e l’apparente fallimento della sua parte personale nell’impresa cistercense, quando fu richiamato a Molesmes dal Legato del Papa, rese questo carattere soltanto più enigmatico per la posterità. Ci sono molte differenti opinioni e spiegazioni delle vicissitudini della sua lunga carriera, e alcuni autori hanno visto i suoi molti cambiamenti di domicilio con un occhio un po’ critico.
Senza entrare nei dettagli della polemica che ha così a lungo avvolto la storia di questo magnifico santo, ci dovremmo accontentare rimanendo il più vicino possibile ai fatti conosciuti, così come ci sono presentati nei documenti del tempo stesso del santo, o degli anni immediatamente successivi alla sua morte. Saremo allora in grado di evitare le confusioni che vennero da una tale profusione d’interpretazioni nel XIII secolo, a proposito della sua carriera e che sono state amplificate dagli storici del diciassettesimo. Per incominciare metteremo in luce l’inizio della sua carriera, successivamente procederemo al periodo più importante della sua vita, la fondazione di Molesmes a Citeaux.
Roberto nacque intorno al 1028 non in una famiglia normanna, come Manrique ci avrebbe fatto credere, ma in una famiglia benestante della Champagne. Suo padre si chiamava Thierry, sua madre Ermengarda e si dice che quest’ultima abbia avuto una visione della Beata Vergine poco prima della nascita di suo figlio, nella quale nostra Signora espresse il desiderio di unirsi in matrimonio al fanciullo non appena fosse nato. Questa pia leggenda appartiene al XIII secolo. Quando Roberto aveva quindici anni entrò nel monastero benedettino di Saint Pierre de Celle chiamato anche Moutier la Celle, e dopo dieci anni divenne priore della sua comunità. Gli anni passarono, e intorno al 1070 S. Roberto, che aveva allora circa quarantadue anni, divenne Abate di S. Miche de Tonnerre.
É da qui che cominciamo a gettare uno sguardo sulla sua personalità e sulla sua speciale vocazione.
Poco tempo dopo esser diventato abate san Roberto fu avvicinato da alcuni eremiti che vivevano nei boschi in una località chiamata Colan, i quali volevano come loro superiore e direttore spirituale. la delegazione di Colan comunque fu mal ricevuta dai monaci di Saint Michel che non permisero loro affatto di vedere il loro abate, e, di fatto, li mandarono via con malevolenza. poco dopo questo fatto afferriamo che S. Roberto lasciò Saint Michele di Tonnerre per un altro monastero, Saint Aiueul (Sant’Agilulfo). In un colpo solo da questo incidente raccogliamo due fatti molto evidenti. San Roberto aveva una certa reputazione come direttore di anime e come superiore religioso poiché i santi eremiti di Colan erano così ansiosi di conquistarlo, e i monaci di San Michele così desiderosi di tenerselo. E in secondo luogo possiamo ragionevolmente inferire che a San Roberto non piaceva molto la vita religiosa così com’era condotta a san Michele di Tonnerre e che non era in nessun modo incline ad abbandonare l’ordinario regime cluniacense per la vita più austera di un eremita.
Di fatto gli eremiti di Colan erano così intenzionati ad averlo come loro abate che andarono a Roma e ritornarono armati di documenti da parte di Papa Alessandro II che fece san Roberto loro superiore. Così nel 1074 egli stabilì la sua residenza nei boschi di Colan.Questa piccola comunità crebbe, in quei tempi, attorno al nucleo di due cavalieri convertiti ed un eremita. I due cavalieri, dice la storia, stavano un giorno cavalcando attraverso quei boschi diretti a una competizione. Benchè fossero fratelli di sangue, se non precisamente poichè fossero fratelli di sangue, il diavolo cominciò a suggerire a ciascuno di loro privatamente l’intenzione di uccidere l’altro per ottenere la sua eredità. Essi non solo resistettero a questo spaventoso suggerimento, ma ritornando per la stessa strada ricordarono con orrore e compunzione quali pensieri ebbero li’, e andarono a confessarli, separatamente, all’eremita che aveva la sua cella là vicino. Poi aprirono il loro cuore l’uno con l’altro e risolsero di lasciare il mondo e dare se stessi a Dio, vivendo come solitari in quei boschi. Nel tempo in cui S. Roberto venne a Colan un altro, o altri due si erano aggiunti al loro numero e si suggerì che uno di questi fosse S. Alberico. Il racconto più abituale è che S. Alberico arrivò a Colan dopo san Roberto.
In ogni caso una delle prime cose che il nuovo superiore fece con la sua comunità di eremiti fu di trasferirsi a un pendio boscoso a Molesmes, dove c’era più spazio per espandersi. Là si stabilirono non più come eremiti, ma come cenobiti, osservando la Regola di San Benedetto. Di fatto per i primi pochi anni la loro vita fu molto più austera di quanto richiedesse la legislazione di San Benedetto. Abitavano in capanne fatte di frasche e avevano molto lavoro pesante nel tenere pulita la foresta e nel cercare di far crescere qualcosa che servisse loro di cibo. La loro povertà era estrema, e spesso non avevano da mangiare niente in assoluto.
Comunque questo stato di cose non durò a lungo.
Un giorno quando la cassetta del pane era vuota e c’era una buona possibilità che facessero la fame. San Roberto disse a un gruppo dei suoi monaci di andare a Troyes ad acquistare un po’ di cibo. L’unica difficoltà di questo progetto era che non avevano denaro con cui fare questo. Quando gli fu fatto notare il santo Abate non si mostrò sorpreso e non mostrò la più lieve intenzione di cambiare il suo ordine. Disse loro ancora una volta di andare in città e di prendere un po’ di cibo: Dio si sarebbe preso cura dell’aspetto finanziario del problema. Così i monaci andarono e la fede di san Roberto fu più che ricompensato. Non appena i monaci scalzi ed emaciati apparvero in città, una parola corse da bocca a bocca e prima che passasse molto tempo furono convocati al palazzo del Vescovo. Questo Prelato (Superiore) aveva già visto qualcosa di Molesmes ed ora si affrettò a provvedere i monaci di tutto ciò di cui avevano bisogno. La sua generosità fu il segnale di un’inondazione di doni da parte di tutte le famiglie ricche e nobili della regione, cosicchè, in un tempo incredibilmente breve Molesmes fu in grado non solo di restituire il debito, ma di diventare una comunità estremamente prosperosa. Acquistò non soltanto molti ricchi appezzamenti di terreno, ma numerose decime, parrocchie, mulini, villaggi e priorati dipendenti. … segue