Pecore di Cristo sono quelle che credono,
che seguono il loro pastore, che non
disprezzano il loro redentore, che entrano
per la porta, ne escono trovando il
pascolo e partecipano della vita eterna.
S. Agostino, Trat. su Giov. 48, 4
PRIMA LETTURA
Ecco, noi ci rivolgiamo ai pagani.
At 13, 14.43-52
R/. Noi siamo suo popolo, gregge che egli guida.
Sal 99 SECONDA LETTURA
L’Agnello sarà il loro pastore e li guiderà alle fonti delle acque della vita.
Ap 7, 9.14-17 CANTO AL VANGELO
(Gv 10,14) VANGELO
Alle mie pecore io do la vita eterna.
Gv 10, 27-30 PREGHIERA DEI FEDELI
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PERCORSO ESEGETICO
Effetto dell’ascolto della parola di Dio
è di essere da Lui conosciuti:
Egli infatti guarda con amore
e conduce coloro che si affidano a Lui.
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI, CAP. 1, 35-51
Natanaèle gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. (v. 48)
DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI, CAP. 4, 27-30
La donna … lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente: “Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto”. (vv. 28-29a)
DALLA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI ROMANI, CAP. 8, 28-39
Tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno … quelli che egli da sempre ha conosciuto. (vv. 28b-29a)
DALLA PRIMA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI CORINZI, CAP. 8, 1-6
Chi … ama Dio, è da lui conosciuto. (v. 3)
DALLA PRIMA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI CORINZI, CAP. 13, 1-13
Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto. (v. 12b)
SALMO 1
Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina. (v. 6)
SALMO 139 (138)
Signore, tu mi scruti e mi conosci. (v. 1a)
DAL LIBRO DELLA SAPIENZA, CAP. 7, 1-8, 1
Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza. (v. 28)
DAL LIBRO DEL PROFETA EZECHIELE, CAP. 34, 10-16
Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura … Le condurrò in ottime pasture e il loro ovile sarà sui monti alti d’Israele. (vv. 11b. 14a)
DAL LIBRO DEL DEUTERONOMIO, CAP. 8, 1-16
Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e se tu avresti osservato o no i suoi comandi. (v. 2)
COMMENTO PATRISTICO
S. AGOSTINO
Dal Commento al Vangelo di S. Giovanni 48, 5-7
Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco, e mi seguono. Io do loro la vita eterna (Gv 10, 27-28). Ecco il pascolo. Se ricordate, prima aveva detto: entrerà, e uscirà e troverà pascolo (Gv 10, 9). Siamo entrati quando abbiamo creduto, usciamo quando si muore. Ma allo stesso modo che siamo entrati per la porta della fede, così dobbiamo uscire dal corpo come fedeli; è così che si esce per la medesima porta, se si vuole trovare il pascolo. Viene presentata la vita eterna come un buon pascolo; l’erba non inaridisce dove tutto è sempre verdeggiante e pieno di vita: c’è un’erba di cui si dice che è sempre viva. In quel pascolo si trova soltanto la vita. Io – dice – darò la vita eterna alle mie pecore. Voi imbastite accuse, perché pensate soltanto alla vita presente.
E non periranno in eterno; sottinteso: voi perirete eternamente, perché non siete delle mie pecore. Nessuno me le strapperà di mano (Gv 10, 28). Ascoltate ora con la massima attenzione: Ciò che mio Padre mi ha dato è più grande di tutto (Gv 12, 29). Che può fare il lupo? Che possono fare il ladro e il brigante? Non rovinano se non chi è predestinato alla morte. Di quelle pecore, invece, di cui l’Apostolo dice: Iddio conosce quelli che sono i suoi (2 Tim 2, 19), e ancora: Quelli che egli ha preconosciuto, li ha anche predestinati; quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; quelli infine che ha giustificati, li ha anche glorificati (Rm 8, 29-30): di queste pecore nessuna il lupo può rapire, né il ladro rubare, né il brigante uccidere. Colui che sa cosa ha pagato per esse, è sicuro del loro numero. E’ questo il senso delle parole: Nessuno le rapirà dalla mia mano; e di quelle altre riferite al Padre: Ciò che mio Padre mi ha dato è più grande di tutto. Qual è la cosa più grande di tutte che il Padre ha dato al Figlio? Gli ha dato di essere il suo unigenito Figlio. Che significa dunque gli ha dato? Esisteva già colui al quale ha dato, oppure il Padre glielo ha dato generandolo? Poiché se esisteva prima che gli fosse dato di essere Figlio, vorrebbe dire che c’è stato un tempo in cui esisteva e non era Figlio. Non è possibile che ci sia stato un tempo in cui Cristo Signore sia esistito senza essere Figlio. Questo si può dire di noi: c’è stato un tempo in cui eravamo figli dell’uomo e non eravamo figli di Dio. E’ per grazia infatti che noi siamo diventati figli di Dio, mentre Cristo è Figlio per natura, perché così è nato. Né puoi dire che egli non esisteva prima di nascere, perché non c’è stato tempo in cui egli non fosse nato, lui coeterno al Padre. Chi può capisca; chi non capisce creda, si nutra e capirà. Il Verbo di Dio è da sempre col Padre, e da sempre è Verbo; e appunto perché Verbo è Figlio. Da sempre dunque è Figlio e da sempre uguale al Padre. Non è uguale per essere cresciuto, ma per nascita, colui che è nato da sempre: Figlio dal Padre, Dio da Dio, coeterno dall’eterno. Il Padre è Dio, ma non da parte del Figlio; il Figlio è Dio, procedente dal Padre, perché il Padre, generandolo, ha dato al Figlio di essere Dio, generandolo gli ha dato di essere con lui coeterno, a lui uguale. Ecco ciò che è più grande di tutte le cose. In che senso il Figlio è la vita e ha la vita? Egli è ciò che ha. Tu, invece, non sei ciò che hai. Tu hai, ad esempio, la sapienza; sei forse la sapienza? E’ tanto vero che tu non sei ciò che hai, che se perdi ciò che hai ritorni ad esserne privo; e così ora lo perdi, ora lo ricuperi. Così, il nostro occhio non ha in se stesso la luce in maniera continua: se si apre la riceve, se si chiude la perde. Non è certo in questo senso che il Figlio di Dio è Dio; non è in questo senso che egli è il Verbo del Padre: non così è il Verbo che non passa come un suono, ma che permane dalla nascita. Egli possiede la sapienza sì da essere egli stesso la sapienza e da rendere sapienti gli altri; egli possiede la vita sì da essere egli stesso la vita e da far vivere gli altri. Ecco ciò che è più grande di tutte le cose. Volendo parlare del Figlio, l’evangelista Giovanni osserva il cielo e la terra; li osserva e li oltrepassa. Al di sopra del cielo contempla le innumerevoli schiere angeliche, col suo pensiero oltrepassa l’universo creato, come l’aquila oltrepassa le nubi; essendo andato oltre ogni cosa creata, per quanto grande, pervenne a colui che è più grande di tutte le cose e proclamò: In principio era il Verbo (Gv 1, 1). Ma siccome colui del quale Cristo è Verbo, non procede dal Verbo, mentre il Verbo procede da colui al quale appartiene, Cristo dice: Ciò che mi ha dato il Padre – di essere cioè il suo Verbo, di essere il suo unigenito Figlio e lo splendore della sua luce – è più grande di tutto. Perciò nessuno rapirà le mie pecore dalla mia mano. Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.
Di mano a me e di mano al Padre mio. Che significa: nessuno le può rapire di mano a me, e: nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio? E’ forse una sola la mano del Padre e quella del Figlio, oppure il Figlio stesso è la mano del Padre suo? Se per mano intendiamo la potestà, unica è la potestà del Padre e del Figlio, perché unica è la divinità; se invece per mano intendiamo ciò che dice il profeta: IL braccio del Signore a chi è stato rivelato? (Is 53, 1), la mano del Padre è il Figlio. Il che non significa che Dio abbia forma umana, e perfino membra corporee; ma che per mezzo di lui furon fatte tutte le cose. Anche gli uomini sono soliti chiamare mani proprie altri uomini, dei quali si servono per operare ciò che vogliono; e qualche volta vien chiamata mano di un uomo anche l’opera eseguita dalla sua mano: così si dice che uno riconosce la propria mano, quando riconosce un proprio scritto. Ora, se sono molti i significati che si danno alla mano dell’uomo, che pure in senso proprio fa parte delle membra del suo corpo, tanto più sarà lecito intendere non in un solo senso la mano di Dio che non possiede alcuna forma corporea. E perciò, in questo passo, per mano del Padre e del Figlio preferiamo intendere il potere del Padre e del Figlio, onde evitare che sentendo dire qui che il Figlio è la mano del Padre, qualche mente grossolana cominci a cercare un figlio al Figlio, ravvisando in esso la mano di Cristo. L’espressione quindi: Nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio, significa: Nessuno me le può rapire.