2.a Domenica dopo Natale – B

Ha abitato in noi Colui che, per natura, è Figlio e Dio.
Perciò, nello Spirito di lui gridiamo: “Abbà, Padre!”
S. Cirillo di Alessandria, Com. al Vang. di Giov. I, IX, 13

PRIMA LETTURA
La sapienza di Dio è venuta ad abitare nel popolo eletto.
Sir 24,1-4.12-16

SALMO RESPONSORIALE
Sal 147

 

Celebra il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion,
perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. R/.
Egli mette pace nei tuoi confini
e ti sazia con fiore di frumento.
Manda sulla terra il suo messaggio:
la sua parola corre veloce. R/.
Annuncia a Giacobbe la sua parola,
i suoi decreti e i suoi giudizi a Israele.
Così non ha fatto con nessun’altra nazione,
non ha fatto conoscere loro i suoi giudizi. R/.

SECONDA LETTURA
Mediante Gesù, Dio ci ha predestinati a essere suoi figli adottivi.
Ef 1,3-6.15-18

CANTO AL VANGELO
(1 Tim 3,16)

VANGELO
Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi.
Gv 1,1-18

 

In principio era il Verbo,
e il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
Egli era, in principio, presso Dio:
tutto è stato fatto per mezzo di lui
e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste.
In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre
e le tenebre non l’hanno vinta.
Venne un uomo mandato da Dio:
il suo nome era Giovanni.
Egli venne come testimone
per dare testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
Non era lui la luce,
ma doveva dare testimonianza alla luce.
Veniva nel mondo la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
Era nel mondo
e il mondo è stato fatto per mezzo di lui;
eppure il mondo non lo ha riconosciuto.
Venne fra i suoi,
e i suoi non lo hanno accolto.
A quanti però lo hanno accolto
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
i quali, non da sangue
né da volere di carne
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi abbiamo contemplato la sua gloria,
gloria come del Figlio unigenito
che viene dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
Giovanni gli dà testimonianza e proclama:
«Era di lui che io dissi:
Colui che viene dopo di me
è avanti a me,
perché era prima di me».
Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto:
grazia su grazia.
Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
Dio, nessuno lo ha mai visto:
il Figlio unigenito, che è Dio
ed è nel seno del Padre,
è lui che lo ha rivelato.

PREGHIERA DEI FEDELI
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Preghiamo insieme e diciamo: Illuminaci con la tua parola, Signore!

 

1. Per la Chiesa di Dio: diffonda nel mondo la parola di Gesù che svela agli uomini la dignità di essere figli di Dio, preghiamo.
2. Per tutti i cristiani: perché comprendano e siano riconoscenti per il grande dono di avere Dio per padre e di avere tutti gli uomini come fratelli, preghiamo.
3. Per tutti noi, perché la nostra vita sia coerente con la nostra dignità di figli di Dio e la nostra condotta permetta anche a chi non crede di vedere in noi un riflesso della luce divina, preghiamo.
4. Per la nostra comunità: sappia sempre vedere negli anziani e nei bambini, nei sani e negli ammalati, in ogni uomo anche se straniero, gli appartenenti ad un'unica razza, quella dei figli di Dio, preghiamo.

O Padre, che ci hai illuminati con la luce di Gesù e ci hai svelato la nostra dignità, aiutaci a vivere sempre come tuoi figli, e a vedere in ogni persona un nostro fratello. Per Cristo nostro Signore.

PERCORSO ESEGETICO

Il Verbo ha assunto un corpo
per diventare nostro cibo e nostra bevanda
e porre così dentro di noi la dimora del suo Spirito Santo,
alla luce del quale contempliamo
lo splendore della gloria del Figlio Unigenito,
che ci ha voluto unire a sé per sempre.

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI, CAP. 6, 26-66
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. (v. 56)

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI, CAP. 14, 15-31
Gli rispose Gesù: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”. (v. 23)

DAL VANGELO SECONDO GIOVANNI, CAP. 17
Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato, siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo. (v. 24)

DALLA PRIMA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI CORINZI, CAP. 6, 12-20
O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi? (v. 19)

DALLA SECONDA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI CORINZI, CAP. 6, 14- 7,1
Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. (v. 16b)

DALLA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AGLI EFESINI, CAP. 2, 11-22
In lui [Cristo] ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi, insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito. (vv. 21-22)

DALLA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AGLI EFESINI, CAP. 3
Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità, siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità, e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio. (vv. 17-19)

DALLA LETTERA DI S. PAOLO APOSTOLO AI COLOSSESI, CAP. 2, 6-15
È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua pienezza. (vv. 9-10a)

COMMENTO PATRISTICO

S. GIOVANNI CRISOSTOMO
Dalle Omelie sul vangelo di Giovanni, X, 2; XI, 1; XIV, 1 passim

Il beato evangelista ci parla degl’ineffabili beni che vengono elargiti a quanti lo hanno ricevuto e li indica concisamente con queste parole: Ma a quanti lo ricevettero, diede il potere di diventare figli di Dio. Sia che fossero schiavi o uomini liberi, sia che fossero Greci o barbari o Sciti, sapienti o ignoranti, uomini o donne, fanciulli o vecchi, nobili oppure gente di umili natali, ricchi o poveri, principi o privati cittadini – egli dice – tutti divennero degni dello stesso onore. La fede, infatti, e la grazia dello Spirito, cancellando ogni differenza tra le condizioni umane, riducono tutti ad una stessa forma e su tutti imprimono lo stesso sigillo regale. Che cosa, dunque, può stare alla pari di una simile bontà? Il re, che pure è fatto della stessa creta di cui siamo formati anche noi, non si degna di accogliere nel regio esercito quelli che sono stati schiavi, anche se, in realtà, sono partecipi della stessa sua natura di servo e spesso sono migliori di lui per i loro costumi. L’Unigenito Figlio di Dio, invece, non disdegna di accogliere i pubblicani, gli incantatori, gli schiavi, insomma, anche i più umili e perfino gente mutilata nel corpo e affetta da gravi malattie, e li aggrega alla schiera dei figli di Dio.

Tanto grande è la potenza della fede nel Cristo, tanta la grandezza della sua grazia. Nello stesso modo in cui la potenza del fuoco, se viene a contatto con del minerale aurifero, subito libera l’oro, così, anzi, molto di più, il battesimo fa diventare d’oro le creature di creta che lava, mentre lo Spirito Santo, scendendo come fuoco nelle nostre anime, come fece quella volta [a Pentecoste], e distruggendo la vecchia immagine plasmata con la creta, crea un’immagine nuova, celeste, splendida e lucente come oro appena uscito dalla fonderia.

Ma come mai l’evangelista non ha detto: li fece figli di Dio bensì: Diede loro il potere di diventare figli di Dio? Si è espresso così per avvertirci che dobbiamo adoperare grande diligenza, per conservare sempre immacolata ed integra l’immagine dell’adozione impressa in noi dal battesimo; e per spiegare, nello stesso tempo, che tale potere non ci potrà essere tolto da alcuno se non ce ne priveremo da noi stessi. Se coloro che hanno ricevuto una qualche autorità dagli uomini, la conservano, di solito, fintantoché restano al potere quelli che l’hanno loro conferita, a maggior ragione noi, se è vero che abbiamo conseguito da Dio tale onore e se non faremo niente che sia disdicevole a questa dignità, saremo più potenti di qualsiasi altro uomo, perché più grande e più potente di qualunque autorità umana è colui che si è degnato di concederci tale onore.

Contemporaneamente, però, egli vuol farci capire anche che la grazia del Signore non viene concessa a caso a chiunque, ma soltanto a quelli che possiedono fermezza di propositi e sentono un vivo desiderio di essa: proprio questi hanno il potere di diventare figli di Dio. Su quelli che fin da principio non vogliono saperne affatto, il dono della grazia non discende e non opera alcun effetto. …

E il Verbo si fece carne e dimorò tra noi. Dopo aver detto che quelli che lo ricevettero sono figli di Dio e nati da Dio, ci indica la causa di questo ineffabile onore, cioè il fatto che il Verbo si fece carne e che il Padrone assunse la natura di servo. Egli si fece figlio dell’uomo, pur essendo Figlio di Dio, per far diventare gli uomini figli di Dio. Un essere sublime che entra in rapporto con un essere umile, non ne riceve affatto nocumento nella sua reputazione, ma solleva dalla sua bassezza quell’altro essere; proprio ciò si è realizzato nel Cristo. Con un tale abbassamento, egli non ha affatto diminuito la sua natura divina, ma ha elevato noi, che da sempre vivevamo nell’ignominia e nelle tenebre, alla gloria ineffabile.

Così anche il re non compie affatto un’azione vergognosa quando parla con affabilità e benignità con un povero e con un mendicante, ma rende costui illustre e famoso presso tutti. E se, nel campo delle effimere dignità umane, la familiarità concessa a chi è in una condizione sociale più bassa non lede affatto la riputazione, tanto meno lederà quella immortale e beata sostanza, la quale non ha in sé alcunché di effimero, qualcosa che ora c’è ora non c’è, ma solo perfezioni e pregi sempre immutabili e inalterabili per tutta l’eternità. Perciò, quando udite le parole E il Verbo si fece carne, non dovete restarne turbati o perplessi. Egli non degenerò, infatti, in carne (sarebbe cosa empia soltanto il pensare questo), ma, pur restando ciò che era, assunse la natura del servo. …

Che cosa significano – mi domanderete – le parole: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto? Il Cristo – dice Giovanni – non ha alcuno che cooperi con lui nell’elargizione del dono divino, ma egli stesso è la fonte e la radice di tutti i beni, egli è la stessa vita, la stessa luce, la stessa verità, è colui che non conserva gelosamente per sé l’abbondanza di ogni bene, ma li distribuisce a tutti e dopo averli distribuiti, ne resta ancora sovrabbondante; anzi, non ne ha affatto di meno dopo averli elargiti agli altri, ma, pur facendo continuamente scaturire da sé nuovi beni e facendone dono ad altri, resta sempre nella stessa perfezione. Quanto, invece, io reco è un bene partecipato (l’ho ricevuto infatti da un altro) è una minima parte del tutto e come una goccia d’acqua che venga messa a confronto con un oceano profondissimo e sconfinato; anzi, neppure questo esempio può spiegare adeguatamente il concetto che cerchiamo di esporre. Infatti, se attingi una goccia d’acqua dal mare, fai con ciò diminuire il mare, anche se tale diminuzione non può essere percepita dalla vista. Ma la stessa cosa non può dirsi di questa sorgente: per quanto tu vi attinga, essa non ne resta tuttavia diminuita. Perciò dobbiamo servirci di altro esempio: quantunque anch’esso sia difettoso e inadeguato, per spiegare completamente la questione di cui trattiamo, ci aiuterà comunque, più del primo ad avvicinarci alla sua soluzione.

Supponiamo che vi sia una sorgente di fuoco e che ad essa vengano accese mille, duemila, tremila lucerne e molte di più ancora: forse che il fuoco non conserva tutta la sua intensità, anche dopo aver reso partecipi della sua forza tante altre fiamme? Ciò è noto a tutti … Per questo Giovanni diceva: Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto  … Noi tutti, dodici, trecento, cinquecento, tremila, cinquemila, molte migliaia di Giudei, la totalità dei fedeli che vi furono allora, che vi sono ora e che saranno dopo di noi, abbiamo ricevuto dalla sua pienezza.

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Qual è la perfezione dell’amore? È amare
anche i nemici, ed amarli perché diventino
fratelli.
S. Agostino, Ep. di Giov., Tr. 1, 9

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