In questi giorni così segnati dal passaggio di Benedetto XVI da questo mondo all’eternità, vorrei guardare con voi alla solennità di oggi attraverso una sua omelia per l’Epifania del 2010.
Dopo aver descritto la visita a Betlemme dei Magi, i primi della grande peregrinazione, che hanno saputo riconoscere il messaggio della stella, seguendola, adorando il Bambino, offrendogli dei doni, cioè loro stessi, e infine scegliendo di cambiare strada, cioè di non far ritorno da Erode ma di seguire la via del Bambino, Benedetto XVI si chiedeva:
Tuttavia … molti hanno visto la stella, ma solo pochi ne hanno capito il messaggio. Gli studiosi della Scrittura del tempo di Gesù conoscevano perfettamente la parola di Dio. Erano in grado di dire senza alcuna difficoltà che cosa si poteva trovare in essa circa il luogo in cui il Messia sarebbe nato, ma, come dice sant’Agostino: “è successo loro come le pietre miliari (che indicano la strada): mentre hanno dato indicazioni ai viandanti in cammino, essi sono rimasti inerti e immobili” (Sermo 199. In Epiphania Domini, 1,2).
Possiamo allora chiederci: qual è la ragione per cui alcuni vedono e trovano e altri no? Che cosa apre gli occhi e il cuore? Che cosa manca a coloro che restano indifferenti, a coloro che indicano la strada ma non si muovono?
Possiamo rispondere: la troppa sicurezza in sé stessi, la pretesa di conoscere perfettamente la realtà, la presunzione di avere già formulato un giudizio definitivo sulle cose rendono chiusi ed insensibili i loro cuori alla novità di Dio. Sono sicuri dell’idea che si sono fatti del mondo e non si lasciano più sconvolgere nell’intimo dall’avventura di un Dio che li vuole incontrare. Ripongono la loro fiducia più in se stessi che in Lui e non ritengono possibile che Dio dia tanto grande da potersi fare piccolo, da potersi davvero avvicinare a noi.
Concludendo l’omelia Benedetto XVI, dice: Alla fine, quello che manca è
- l’umiltà autentica, che sa sottomettersi a ciò che è più grande,
- ma anche il coraggio autentico, che porta a credere a ciò che è veramente grande, anche se si manifesta in un Bambino inerme.
- Manca la capacità evangelica di essere bambini nel cuore, di stupirsi, e di uscire da sé per incamminarsi sulla strada che indica la stella, la strada di Dio.
Il Signore però ha il potere di renderci capaci di vedere e di salvarci.
Possiamo cogliere in questo breve estratto della sua omelia due caratteristiche della persona stessa di Benedetto XVI: umiltà e verità, due dimensioni che ha vissuto e testimoniato con la sua vita e che sono emerse anche in questi giorni, nelle letture delle proprie esequie che penso siano state scelte da lui e nel suo testamento spirituale.
Nella Messa esequiale, la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, esprimeva la coscienza creaturale con l’immagine della creta e del vasaio, quella coscienza pura che tante volte abbiamo visto risplendere nella persona di Benedetto XVI. Una creaturalità non spontanea, ingenua o naïf, ma sgorgante dalla profondità del mistero della morte e risurrezione di Cristo, come diceva la lettera di san Pietro, e ancor più il Vangelo della morte di Cristo, preceduta dal dialogo col buon ladrone. In questo brano evangelico ho proprio sentito risuonare ancora una volta – ed ormai in modo definitivo e lapidario – la coscienza di essere stato redento e salvato che ha attraversato tutta la vita di Benedetto XVI.
Anche il testamento spirituale è percorso dagli stessi tratti. Benedetto XVI non fa grandi discorsi: dice grazie, chiede perdono e fa un’unica fondamentale raccomandazione ai suoi compatrioti tedeschi, ma anche tutti quelli che nella Chiesa gli sono stati affidati: “Rimanete saldi nella fede! Non lasciatevi confondere” e questo lo dice pensando a tutte le teorie scientifiche e alle diverse scuole teologiche che si sono succedute nel corso della storia e con cui lui stesso si è confrontato e sono passate, si sono rivelate essere solo ipotesi. Ha scritto: Sono ormai sessant’anni che accompagno il cammino della Teologia, in particolare delle Scienze bibliche, e con il susseguirsi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano incrollabili, dimostrandosi essere semplici ipotesi… Ho visto e vedo come dal groviglio delle ipotesi sia emersa ed emerga nuovamente la ragionevolezza della fede.
Al termine di tutta la sua lunga e intensa vita, quest’uomo così grande ci lascia l’essenziale: Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita, e la Chiesa, con tutte le sue insufficienze è veramente il Suo corpo.
E nelle due grandi parole: umiltà e verità, ci lascia anche il metodo per seguire Cristo.
Ed un ultimo segno: la sua sepoltura nella tomba che era stata quella di Giovanni Paolo II. Segno di amicizia e fedeltà che si commenta da sé. Che Dio doni anche a noi di seguirlo in umiltà, verità e amicizia fedele tra noi.