Per onorare la figura di un grande Monaco e accademico pubblichiamo un articolo di sr. Monica della Volpe e due testimonianze dall’ultimo Corso on line da lui tenuto: Introduzione al Diritto della Vita Consacrata, Promosso dalla Pontificia Università Lateranense
Articolo di Monica della Volpe
È morto a Roma, il 22 giugno, padre Sebastiano Paciolla, uomo di grande cultura e profonda spiritualità: aveva 58 anni. Appena qualche mese fa, il 22 gennaio 2021, Papa Francesco lo aveva nominato consultore del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi con speciale competenza per il Diritto della Chiesa Latina. Nato a Barletta il 2 ottobre 1962, era entrato nell’Ordine Benedettino Cistercense della Congregazione di Casamari. Ordinato sacerdote nel 1986, aveva conseguito presso la Pontifica Università Lateranense il Dottorato in Diritto Canonico e in Utroque Iure. Ha quindi insegnato presso questo ateneo ed era decano della Facoltà di Diritto Civile. Dal 2005 al 2008 è stato promotore di Giustizia presso la Rota Romana. Nel 2008 Benedetto XVI lo aveva nominato sottosegretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Era stato nominato referendario (2018) e poi promotore di Giustizia (2019) del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica. (Vatican News, 23 giugno 21)
Ci ha lasciati improvvisamente il 22 giugno 2021. Non possiamo non considerarlo anzitutto un amico, e come tale piangerlo. Amico in quanto Cistercense, aperto e accogliente anche verso i fratelli e sorelle Trappisti. Amico in quanto sinceramente affezionato al carisma monastico femminile, che serviva con premura. Amico in quanto ricercatore e servo fedele della Verità, pronto all’ascolto, con sincerità e apertura. Amico in quanto ultimo rappresentante di quel volto benevolo di una Chiesa istituzionale che avevamo pur conosciuta e amata come Madre accogliente e amante la vita monastica, nella sua realtà ed esistenza storica. Non vogliamo certamente dire che sia l’ultimo rappresentante di questa qualità ecclesiale; ma è forse l’ultimo che abbiamo potuto conoscere e accostare. Nella misura delle sue possibilità, Padre Sebastiano, in qualità di Sottosegretario della CIVCSVA era disponibile e, nel suo ampio ufficio, conservava la semplicità del monaco Cistercense. Pur rigoroso sempre nei termini giuridici e nella chiarezza di impostazione storica e teologica che li motivava, mostrava di amare concretamente la vita monastica reale, mai pensando di sacrificarla a idealizzazioni teoriche di un meglio virtuale, ma sempre pazientemente cercando di aiutarla ad elevarsi all’ideale. Prudente come il suo ufficio esigeva, era tuttavia raggiunto dall’aspetto umano dei casi che gli venivano presentati. Dava il suo parere con precisione e chiarezza, senza commenti, mostrando la via percorribile, invitando l’interlocutore a una eguale precisione e chiarezza. Toglieva le illusioni, lasciava aperta la speranza. Si capiva bene che, se fosse dipeso da lui, molte cose si sarebbero risolte nel rispetto della legge ma anche nella sua giusta applicazione, al servizio e nel rispetto di ogni persona, grazie a una umanità in lui ben presente.
Se fosse dipeso da lui: appunto, padre Sebastiano era un grande e umile lavoratore della vigna, un grandissimo conoscitore del diritto, ma non era un uomo di potere. E questa qualità, che tanto apprezziamo in un monaco, era probabilmente un punto di debolezza nel posto in cui si trovava. Una mia amica, badessa benedettina, ebbe a definirlo una volta: un cavaliere senza cavallo.
Quando Padre Sebastiano aveva riconosciuta la liceità di una causa ma era impossibilitato a portarla avanti, si dileguava. Forse questo gli ha attirato la disistima di qualcuno, ma non gli ha fatto perdere l’amicizia di chi capiva la sua situazione. Il suo carisma non era quello del potere, della decisione: era uno studioso, un lavoratore, un saggio, un grande maestro. A nostro parere, un vero monaco.
– E perché allora non stava nel suo monastero? –
Ci raccontò di come era entrato a Casamari giovanissimo, di come aveva seguito, da ragazzino, il folto gruppo dei giovani confratelli tutti più grandi di lui; di come era stato il beniamino del suo Abate, sempre ricordato e amato come un Padre. Questo Padre gli chiese di andare a Roma, a studiare la materia che non avrebbe mai scelta, lui che prediligeva i Padri Cistercensi. Gli chiese di studiare il diritto e gli segnò così la strada di quello che sarebbe stato il suo futuro. Il giovane Sebastiano obbedì.
Si ritrovò così a servire in compiti che non aveva scelti, conobbe un aspetto della Chiesa differente da quello monastico che aveva abbracciato. Ci piace pensare che il Signore gli abbia chiesto questo per noi, le monache. Perché potessimo ricevere dalla profondità teologica e dalla chiarezza dei documenti in tanta parte da lui redatti, anche se non a firma sua, la sua impostazione veramente monastica, donata alla chiesa in un servizio amoroso, anonimo e gratuito. … (segue)