Monastero delle Monache Bernardine di Hyning (GB), 26 gennaio 2023
Letture: Ebrei 11,1-2.8-16; Marco 10,24b-30
Le letture della liturgia per i Santi Fondatori di Cîteaux insiste essenzialmente sul fatto che tutta la fecondità di una vita, di una comunità o di un Ordine dipende solo da Dio, è opera possibile solo a Lui. Come dice Gesù a proposito della salvezza dei ricchi: “Impossibile agli uomini, ma non a Dio! Perché tutto è possibile a Dio.” (Mc 10,27)
Questo ci fa capire che se i primi Cistercensi hanno dato vita a un grande movimento monastico che si è diffuso in tutto il mondo e sussiste fino ad oggi, non è a causa delle loro capacità, ma della loro povertà vissuta con fede. Il segreto di ogni fecondità per il Regno di Dio è di vivere la povertà, anche di persone e di mezzi, con fede.
Questa è la sola grande regola di avanzamento e di successo di tutta la Chiesa e di ogni realtà ecclesiale. Sempre la Chiesa si rinnova e rivive dalla fede di Abramo che, contro ogni evidenza e sperando contro ogni speranza, ha creduto e sperato in una discendenza numerosa solo perché le era promessa dal Signore. Lo stesso si dice di Sara: “Per fede, anche Sara, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso.” (Eb 11,11)
Ogni carisma è una promessa di Dio che la fede accoglie come un seme e la speranza fa crescere. Solo la fede accoglie e rende fecondo questo dono di Dio, il dono della vocazione, il dono di una missione. Questa legge evangelica è la ragione per cui la povertà è necessaria, non solo per entrare nel regno di Dio, come Gesù sottolinea nel Vangelo cha abbiamo ascoltato, ma anche affinché il regno di Dio entri nel mondo. Un carisma che nasce e si sviluppa è sempre un avvenimento del regno di Dio nel mondo e nella storia.
Ma per questo è necessaria la povertà, la povertà di non contare su noi stessi, sui nostri mezzi, sulle nostre qualità e capacità, perché il Regno è l’opera di Dio, la sua opera impossibile all’uomo ma possibile a Lui.
Per questo la povertà necessaria non è solo e soprattutto quella materiale. Più necessaria è la povertà di spirito. È più necessaria perché è in essa che la fede trova spazio nel nostro cuore e nella nostra vita.
Nell’udienza che ha accordato all’Ordine Cistercense durante il Capitolo Generale, Papa Francesco, fra l’altro, ci ha richiamati a questa povertà di beni e di spirito:
«Un altro aspetto su cui voglio incoraggiarvi è il vostro proposito di una maggiore povertà, sia di spirito sia di beni, per essere più disponibili al Signore, con tutte le vostre forze, con le fragilità e con le fioriture che Lui vi dona. Perciò lodiamo Dio per tutto, per l’anzianità e per la giovinezza, per l’infermità e per la buona salute, per le comunità in “autunno” e quelle in “primavera”.
L’essenziale è non lasciare che il maligno ci rubi la speranza! La prima cosa che cerca il maligno è rubare la speranza, così ci prende di mano, sempre. Perché la povertà evangelica è piena di speranza, fondata sulla beatitudine che il Signore annuncia ai suoi discepoli: “Beati voi, poveri, perché vostro è il regno di Dio” (Lc 6,20).» (17 ottobre 2022)
Questo richiamo rispecchia sia il modo con cui i primi Cistercensi hanno iniziato a vivere il carisma, sia la realtà attuale delle nostre comunità e Ordini. Infatti, comprendiamo che quando siamo più fragili e piccoli, questo non vuol dire che siamo in decadenza, ma che il Signore ci riporta all’origine del nostro carisma, là dove la situazione di fragilità di Cîteaux richiamava i monaci a contare sulla fede, la preghiera e la speranza, più che su ogni altra forza umana. Accettare questo è il segreto della gioia che fa lodare Dio per tutto e sempre, e ci apre all’opera e fecondità impossibile che Dio ci ha promesso, come a Abramo e Sara, e come a Roberto, Alberico e Stefano, per la gloria di Dio e la salvezza del mondo che ha sempre più sete e bisogno del regno di Dio.
Fr. Mauro-Giuseppe Lepori
Abate Generale OCist