Collectanea Cisterciensia 67 (2005) 266-86
Quando si parla di un sacramento, prima di chiedersi che cosa ne hanno detto o pensato i grandi autori dell’epoca, può essere utile comprendere come venisse praticato. Abbiamo informazioni più che sufficienti sul modo di celebrare dei nostri primi padri, grazie alle prescrizioni che hanno voluto codificare, affinché si potesse procedere dappertutto nello stesso modo che a Cîteaux, la casa madre. Infatti in base al loro progetto e al loro volere si previde che tutte le comunità:
vivessero e cantassero nello stesso modo, e avessero tutti i libri necessari alle ore diurne e notturne, nonché alle messe, conformi al modo di vivere e ai libri del Nuovo Monastero, in modo che non ci fosse alcuna discordanza nei nostri atti, ma che vivessimo in una sola carità, sotto una sola Regola e seguendo uno stile di vita simile (Carta di Carità, cap. III).
E quindi possediamo quello che gli antichi hanno chiamato Ecclesiastica Officia, che non va tradotto troppo alla lettera come Uffici ecclesiastici, ma, in modo più ampio, «occupazioni e compiti della piccola chiesa che è la comunità», il principale dei quali è, ovviamente, la celebrazione della liturgia. Fino alla metà del xx secolo ne conoscevamo soltanto una versione, quella trasmessa dal ms 114 della biblioteca municipale di Digione, scritto verso il 1185 (= D 114). Ma in seguito sono stati scoperti dei manoscritti precedenti, che ci permettono di conoscere un po’ meglio la situazione delle origini e di seguire l’evoluzione che ha potuto prodursi nel corso del secolo. I due manoscritti più antichi risalgono addirittura all’epoca in cui era vivo san Bernardo: il ms 1711 della biblioteca comunale di Trento (= T 1711), scritto tra il 1131 e il 1140 e il ms 31 della biblioteca dell’università di Lubiana, in Slovenia (= L 31), scritto tra il 1147 e il 1521.
A dire il vero, questi documenti qualche problema lo pongono. Il più antico, T 1711, proviene da Villers-Bettnach, fondato nel 1133: è una copia, realizzata forse al momento della fondazione, ma con svariate correzioni, come si intravede dai raschiamenti, dagli spazi vuoti e dalle sovrascritture. Tali correzioni sono conformi al Breviario conservato a Berlino (n. 402) datato con certezza 1132. Tuttavia il quaderno che comprende i capitoli relativi alla Messa, corrispondenti ai capitoli 53-60 di D 114, che ci interessano qui, è stato sostituito da un altro, scritto da due mani diverse…
Tuttavia non si possono «retrodatare» eccessivamente questi manoscritti. Infatti appare abbastanza evidente come la liturgia, in base alla descrizione, presupponga che ci si trovi nelle grandi chiese, con molti altari, comparse solo nel secondo terzo del xii secolo. Nel capitolo 68, gli Ecclesiastica Officia descrivono l’ingresso dei monaci nel coro per le Vigilie: si inchinano davanti al primo altare, come devono fare, si dice, ogni volta che passano davanti a un altare, poi si piegano davanti all’altar maggiore ed entrano nel coro dall’alto, poiché non c’è l’abitudine di entrare e uscire dal basso quando gli anziani sono negli stalli, salvo l’abate, il priore e i loro vicini prossimi. Questo si capisce perfettamente pensando al grande monastero di Cîteaux, ma non può corrispondere alla chiesa originaria. Conosciamo bene questa chiesa consacrata nel 1106. Diventata in seguito la cappella Saint-Edme in cui furono inumati oltre una quindicina di abati di Cîteaux fino al 1537, fu demolita soltanto nel 1791: era lunga ventidue metri e larga sette, non aveva transetto e conteneva un solo altare. La costruzione del grande monastero a pianta classica iniziò senza dubbio solo nel 1130. Alcuni si chiedono se i lavori della chiesa non fossero già cominciati nel 1124-1125; ma ne collocano il completamento verso il 1147-1150.
A Clairvaux, san Bernardo cedette solo nel 1135 alle richieste del suo priore, il quale si era reso ben conto che bisognava cambiare di livello per continuare la vita cistercense in modo adeguato: il «monastero vecchio», come lo si vede ancora nei disegni di dom Milley del 1708, lascia intuire come gli spazi fossero angusti. La chiesa di pietra, che sostituì abbastanza in fretta quella di legno degli inizi, era a pianta quadrata: le mura esterne misuravano diciassette metri. Ci si entrava da est, dietro all’altare principale, in una specie di deambulatorio dove si trovavano due altari, lusso che Cîteaux non conosceva. Ma lo spazio interno dell’oratorio non doveva superare i dieci metri per nove, una superficie di novanta metri quadrati. Nelle prime fondazioni di inizio secolo, le chiese non dovevano essere molto più grandi. Quella di Pontigny probabilmente misurava solo una ventina di metri. La chiesa di Fontenay, ancora in piedi, fu consacrata da Eugenio III nel 1147 e non è quella della fondazione nel 1119. … (segue)