2 Re 5, 14-17- Sal 97- 2 Tm 2, 8-13 – Lc 17, 11-19
La gratitudine, espressione della fede (sacrificium laudis)
Fortunato colui che a ogni dono, torna a colui nel quale c’è la pienezza di tutte le grazie (Bernardo)
Nell’ultima parte del viaggio di Gesù verso Gerusalemme, viaggio che diventa il tipo, la forma dell’itinerario proposto a ogni discepolo verso la fede adulta, accade l’episodio narrato dal vangelo di questa domenica, episodio proprio di Luca. Dieci lebbrosi, figura dell’umanità impura, si fermano a distanza nel loro andare incontro a Gesù, consapevoli della condizione di scomunica, di emarginazione in cui li pone la loro malattia, e chiamano a distanza con un’invocazione che è insieme una supplica e una prima confessione di fede: Gesù! Sono i primi nel Vangelo di Luca a pronunciare questo Nome che ritornerà solo sulle labbra del cieco di Gerico figura del perfetto discepolo, e del ladro pentito; al termine dell’episodio il Nome di Gesù è lodato e glorificato come Dio. Ciò che Gesù ha compiuto è opera di Dio. Gesù (IHWH salva) è Dio.
Diversamente da alti incontri con lebbrosi Gesù non si avvicina, non guarisce con il tocco, non opera una guarigione immediata: offre la guarigione alla loro fede. Rimane a distanza e chiede loro di mettersi in cammino unicamente facendo fiducia alla sua Parola. E la guarigione avviene mentre essi sono in cammino.
Eliseo non si degna neppure di uscire di casa per ascoltare le richieste di Naaman il Siro, ma gli fa dire da un servo il suo comando…affida a un mediatore la sua parola. Gesù comanda ai dieci di presentarsi a un mediatore, come se la guarigione fosse già avvenuta. Naaman è condotto per un cammino di umiliazione, deve rinunciare all’apparenza grandiosa, ai segni eclatanti, alle ricche acque dei fiumi di Damasco per immergersi nelle acque del piccolo Giordano. Ma è quell’obbedienza alla fede che lo risana. Come è l’obbedienza alla fede che risana i dieci.
Inizia a questo punto la seconda tappa dell’itinerario verso la fede piena, verso la fede matura che diventa pubblica confessione/testimonianza. Naaman, essendosi visto rifiutare il suo dono chiede in cambio di poter lui prendere in dono un pezzetto di terra santa, di quella terra povera e benedetta di Israele che guardava prima con superiorità, entrando così a far parte dell’eredità del popolo di Israele. Il Samaritano, personaggio malvisto dagli israeliti schietti, si volge indietro e ritorna (si converte) a Gesù e, disobbedendo a questo punto alla sua parola, si presenta non ai sacerdoti del tempio, ma al Sacerdote della Nuova Alleanza per riconoscerlo e confessarlo; prostrarsi, adorare, lodare a gran voce, ringraziare sono i tratti che Luca dipinge come quelli della vera fede. La gratitudine ha la vista lunga, oltre il dono sa vedere il Donatore.
È questa la parola degna di fede del Vangelo che Paolo annuncia in catene; ma la Parola non è incatenata, è libera di proseguire la sua corsa raccogliendo nella rete del Vangelo un Siro, che mal vede Israele, un Samaritano che da Israele è mal visto, due diversi, due stranieri per tutti gli stranieri chiamati a diventar popolo.
Molti allora i temi di queste letture che legati insieme delineano un itinerario di fede in crescita:
- la fede che inizia dalla supplica, matura nell’obbedienza e si compie nella lode
- la salvezza destinata a tutti i popoli, ma attraverso l’obbedienza alla Legge data a Israele
- il passaggio dalla salute (guarigione del corpo) alla salvezza (guarigione dell’anima)
- la gratitudine, anima della fede: tutti hanno supplicato, tutti si sono messi in cammino, tutti sono stati guariti: uno solo è tornato a render grazie.
Possiamo chiederci quanto noi facciamo esercizio di questo fidarci della parola di un altro? Quanto la fede in Gesù è efficace nella nostra vita, capace di mobilitarci, di metterci in cammino? Quanto la nostra fede sa essere grata? … (segue)