26 gennaio
Fede: Roberto
Eb 11 1-2; 8-16 – la FEDE. La figura di Abramo sta alla radice dei nostri padri fondatori. Giustificato dalla fede, parte sula fede, riceve una promessa che mette insieme le stelle del cielo e la polvere della terra, una discendenza in un’apparente sterilità, portatore non dell’anello del potere ma della benedizione di generazione in generazione fino a Cristo la discendenza promessa da cui tutti rinascono.
Abramo non somiglia forse alla figura di Roberto che osa partire, che rimane nell’obbedienza alla chiesa, che va e ritorna e poi ritorna ancora, che però attira alla nuova comunità molte persone notevoli e infine muore nell’obbedienza disperando della discendenza?
«Fu veramente il padre di Citeaux e la cosa che noi suoi figli possiamo meglio imparare da lui è il suo odio per ogni compromesso. Veramente quelli che hanno dipinto san Roberto come in conflitto con monaci decadenti e completamente sregolati hanno frainteso il punto centrale della riforma cistercense. La grandezza dell’ideale di San Roberto è che gli usi monastici di Cluny, che non erano cattivi, ma buoni tanto quanto possibile, non erano per lui abbastanza buoni. Il fatto che le mitigazioni di Cluny fossero tutte sancite dall’autorità competente, e anche che avevano speciosi motivi di prudenza dalla loro parte, non lo convinceva abbastanza. Voleva dare a Dio tutto: e questo è lo scopo del nostro Ordine: la completa immolazione di corpo, mente e volontà a dio, senza compromesso. I monaci di Cluny cercarono di modificare la lettera della Regola secondo la “prudenza” senza perdere il suo spirito. San Roberto e i suoi compagni credevano, come anche un grande abate della Riforma Cistercense dei nostri giorni, che la via migliore per mantenere lo spirito della Regola è aderire alla lettera il più perfettamente possibile». (Merton)
Speranza: Alberico
2 Cor 4, 6,11 – La speranza
6 E Dio che disse: Rifulga la luce dalle tenebre, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.7 Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi.
Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati (alle strette); ἐν παντὶ θλιβόμενοι ἀλλ᾽ οὐ στενοχωρούμενοι,
siamo sconvolti, ma non disperati; ἀπορούμενοι ἀλλ᾽ οὐκ ἐξαπορούμενοι, (di fronte a un dilemma che però non è senz asoluzione))
9 perseguitati, ma non abbandonati; διωκόμενοι ἀλλ᾽ οὐκ ἐγκαταλειπόμενοι,
colpiti, ma non uccisi, καταβαλλόμενοι ἀλλ᾽ οὐκ ἀπολλύμενοι,
10 portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.
11 Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale.
La fragilità della mediazione è il materiale di conduzione adatto per una potenza che non è nostra. (Vediamo i vasi di coccio di Israele e della Grecia di fronte all’acciaio degli imperi che li circondavano..:!) Questa sproporzione che alla radice di ogni nostro scandalo e fatica è benissimo descritta dalla II Cor, descrivendo situazioni che sono come al limite, ma che mai arrivano al limite: messi alla prova, ma non schiacciati” dice in realtà il verbo usato altre due volte dice non “state allo stretto”., siamo nella prova ma la prova non ci riduce, e poi sconvolti davanti a un’alternativa che non è chiara, perplessi, incerti, però sempre con una soluzione.
Non somiglia questo alla figura di Alberico? Secondo abate quello che attraversa i momenti difficili della nascente fondazione, comprese ribellione, botte, et similia, ma è quello che pone il nascente ordine sotto la protezione di Maria che gli appare, e sotto la protezione per sempre della chiesa con Pasquale II.
Alberico speranza, protezione della chiesa, devozione a Maria, uomo di lettere amante della regola e dei fratelli
Dal Grande esordio I, XVI
Orfana dunque, come abbiamo detto sopra, la nuova chiesa della nuova osservanza del padre spirituale, si radunò nel nome del Signore per procedere a sostituirgli un pastore migliore e meglio addestrato al combattimento spirituale. Né in questo affare gli uomini santi, alieni da bramosia e invidia d’onori, incontrarono difficoltà di sorta, ma subito con regolare elezione si dettero come abate un venerabilissimo uomo di nome Alberico, uomo di lettere, attivo nelle cose divine e umane, amante della Regola e dei fratelli. Da lungo tempo aveva assolto con grande zelo l’incarico di priore, dapprima nella chiesa di Molesme e poi in questa, e da tempo si era dato da fare con tutto l’impegno, come un vero atleta, perché i fratelli si trasferissero da Molesme in quest’altro luogo: impresa per cui aveva sofferto da parte dei falsi fratelli molte ingiurie e ancora sia le battiture che il carcere (cfr EP 9) per il nome del Signore Gesù.
Ma quanto mirabilmente, quanto secondo la disposizione del giusto giudizio di Dio, colui che più degli altri si era dato da fare a servizio del bene perché la perla preziosissima della purezza monastica venisse tirata fuori dallo sterco dei vizi, meritò di ricevere in cambio degli insulti gloria, delle battiture tanto indegne quanto immeritate il favore di Dio e degli uomini, della reclusione nel carcere la pienezza della libertà! Così, ormai nella pienezza della potestà, avrebbe potuto realizzare liberamente l’impresa santa – gradita a Dio e quanto mai necessaria per guadagnare le anime – che uomini tiepidi e incapaci di comprendere il santo fervore avevano tentato di troncare subito, fin dalla radice.
Accettata infine, anche se con molta resistenza, la responsabilità pastorale, cominciò a pensare, da uomo di mirabile lungimiranza qual era, alle tempeste di tribolazioni che un giorno avrebbero potuto colpire fino a far crollare la casa a lui affidata, e premunendosi per l’avvenire, dopo aver consultato i suoi fratelli e altre persone di fiducia, inviò presso la Curia Romana due monaci, supplicando per mezzo loro il Signor Papa Pasquale che si degnasse ricevere la sua nuova chiesa sotto le ali della protezione apostolica, e d’apostolica autorità decretasse che rimanesse in perpetuo libera e tranquilla dalle pressioni di qualsiasi persona, ecclesiastica o secolare. (EP 10).
Privilegio i Pasquale
Decretiamo pertanto che quel luogo che avete scelto di abitare per trovarvi la quiete dell’ordine monastico, sia al sicuro e libero dalle molestie di qualsiasi mortale; e confermiamo che lì ci sia in perpetuo un’abbazia e sia protetta in modo speciale sotto la tutela della Sede Apostolica, salvo l’ossequio canonico per la Chiesa di Chalon.
La Carità il testamento di Gesù e il testamento di Stefano
Gv 15, 9, 17 – La Carità
Stefano la Carta di Carità
Unità del nascente ordine e fondamento della riforma liturgica e il controllo della vulgata, lo studio accurato della Parola di Dio con i maestri ebrei, lo studio del cantico
Se in Roberto vediamo la fede degli inizi, la stessa fede che mosse Abramo a partire, in Alberico la speranza che s a sostenere i tempi difficili e porre il nascente ordine sotto la custodia perenne della chiesa, e Stefano Harding la carità che diventa struttura giuridica
caratteristiche del suo governo:
- libertà dai nobili benefattori
- essenzialità della liturgia
- sano equilibrio tra lo sviluppo della vita religiosa e lo sviluppo agricolo ed economico e per quanto riguarda la sua persona… la sua personalità si addice proprio bene a questa domenica della Parola di Dio e ci dice con quanta cura e amore siamo chiamate a familiarizzarci con questa parola
- revisione del testo della Vulgata con la raccolta dei migliori manoscritti e la collabroazione dei maestri ebrei (in sua scriptura peritos)
- Osservanza della Regola
- Canto gregoriano e inni ambrosiani
- E infine la carta caritatis: il documento della ecclesiologia di comunione che diede la struttura portante dell’Ordine
I fondatori nel loro insieme
All’inizio c’era la comunione… riprendo il testo di don Claudio.
«L’Ordine cistercense nel XII secolo appare non come il frutto chiaro e ben definito dell’intuizione di un singolo fondatore, quanto piuttosto come il frutto della ricerca progressiva di un gruppo. Una ricerca progressiva di una forma autentica e convincente di vita cristiana… la loro esperienza non è frutto di una personalità geniale e singolare – evento che si realizza raramente nella storia e che facilmente si espone ai pericoli della soggettività – quanto l’esito di una ricerca comune che se ben condotta ha maggiori garanzie di oggettività e può interpretare meglio lo spirito di un’epoca (p. 4 di Stefano Harding, Jaca Book»
«Manrique l’annalista dei cistercensi, trasse un’ingegnosa analogia tra i primi tre padri dell’ordine e le Tre Persone della Santissima Trinità. San Roberto era la fonte e il padre dell’ideale cisterciense; sant’ Alberico soffrì perché esso potesse vivere; Santo Stefano possedeva l’energia e la carità e certamente l’abilità geniale necessaria per mettere in pratica questo ideale nella fondazione di uno die più grandi ordini contemplativi nella chiesa. Questo lavoro di diffusione corrispondeva più che altro, in una vaga analogia, all’opera dello Spirito Santo. Era l’opera vera e propria dello Spirito di Dio in e attraverso Stefano. Non è certo una finzione dire che lo Spirito d’Amore ha vissuto e operato nell’anima di questo grande santo con una particolare immediatezza e intensità.» (Merton)
Ci ricongiungiamo qui con la settimana unità (l’unità è l’opera personale dello Spirito Santo) e con la liturgia della Parola: Il cap 15 del Vangelo di Gv è il fondamento scritturistico della Carta di Carità.