Sia l’arte che la spiritualità sono due orizzonti molto ampi, come sono numerose le diverse prospettive che possono descrivere queste due preziose complessità, c’è chi spinge anche per una netta separazione.
L’approccio scelto in questo scritto cerca di affrontare la bellezza artistica nel nostro contesto cristiano, provando a coinvolgere l’antropologia e la teologia. Per tentare di descrivere quanto sono legate e quanto sono ontologicamente intrecciate tra loro, arte e spiritualità. Forse c’è una possibilità di esprimersi in questo senso dicendo che «l’espressione spirituale non può che essere artistica e l’espressione artistica non può che essere spirituale». Per tentare di descrivere le dinamiche di questa affermazione serve un approfondimento antropologico e un approfondimento teologico, questo significa che c’è la necessità di argomentare la teologia spirituale, che non è altro che la combinazione o lo sviluppo o l’approfondimento della teologia e dell’antropologia. Nello scritto che segue si tenterà di usare alcuni riferimenti presi nelle dinamiche della «piccolezza», proponendo qualche frammento degli scritti di Teresa di Gesù bambino del Volto santo.
- LA PICCOLEZZA COME POSSIBLE PERCORSO TRA L’ARTE E LA SPIRITUALITÀ
Il processo di santificazione per ogni Cristiano è il diventare sempre più autentico, cioè diventare sempre più a immagine e somiglianza di Dio.
Secondo una prospettiva del Cristianesimo d’occidente si tratta di una trasformazione, una crescita, che accade nell’uomo. Secondo una prospettiva del Cristianesimo d’oriente, invece si tratta di difendere la propria immagine e somiglianza di Dio che l’uomo ha già. Di fatto quello che dovrebbe accadere in questo processo è un emergere del divino che è nell’uomo, cioè la creatura rende sempre più manifesto il proprio Creatore.
Papa San Paolo VI in una sua omelia agli artisti dice: «Per assurgere alla forza della espressione lirica della bellezza intuitiva, avrebbe bisogno di far coincidere il sacerdozio con l’arte».
La manifestazione è far diventare percepibile in qualche maniera quello che è il divino, cioè quel che è percepibile del divino, tra cui la bellezza. Si entra così una dinamica estetica di attrazione. Per attrazione, si partecipa a una serie di movimenti che possono essere anche pericolosi, l’essere investiti dal fiume della bellezza può essere così travolgente da produrre danni anche irreversibili. Nell’Antico Testamento questo è più evidente con il fatto che chi vedeva il volto di Dio era destinato a morire per la bellezza espressa che non poteva essere sopportata dell’uomo.
Rimane comunque la necessità vitale che «Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione». … (segue)