2 Mac 7,1-2.9-14; Sal 16; 2Ts 2,16-3,5; Lc 20,27-40
Giunto al termine della sua salita a Gerusalemme Gesù vive gli ultimi giorni della sua esistenza terrena. Quando giunge al Tempio per annunciarvi la buona novella si trova confrontato con i suoi avversari: i Sommi Sacerdoti, gli Scribi e gli Anziani che gli chiedono di giustificarsi (20,1-8). É poi la volta dei Farisei di tendergli un tranello interrogandolo sull’imposta (20, 20-28), ed ecco infine i sadducei che vengono a metterlo alla prova mettendo in ridicolo la sua fede nella risurrezione (20, 27-40).
Molto conservatori i Sadducei si attenevano strettamente alle leggi scritte, e soprattutto alla Legge di Mosè, il Pentateuco, i primi cinque libri della Bibbia. Si differenziavano in questo dai Farisei che davano invece importanza alla tradizione orale che avevano ricevuto dagli anziani, e si attenevano a un gran numero di pratiche religiose.
In questo brano i sadducei contestano l’esistenza di una risurrezione, mentre i Farisei vi danno fiducia. Paolo saprà approfittare di questa differenza tra le due sette al momento opportuno, a proprio favore, quando dovrà comparire avanti al Sinedrio (At 23,8). Come negano la risurrezione negano l’esistenza degli angeli e degli spiriti.
Essi portano un esempio assurdo, di una donna sposata successivamente a sette mariti che tutti passano a miglior vita; ma questa parabola assurda destinata a mettere in ridicolo la fede nella risurrezione serve invece oltre ad annunciare la vita eterna ad annunciare la vivibilità già da ora di quella che sarà la condizione definitiva dell’uomo e della donna nel Paradiso di Dio: la verginità, così come lo era nel Paradiso dell’Eden, dove la condizione della verginità non era in disaccordo con l’unità tra i due, cioè con il destino di unità delle persone umane. “Adamo ed Eva vivono nella completa verginità al punto che non conoscono nemmeno la concupiscenza. Ma la verginità non significa nell’ Eden rinuncia, bensì pienezza dell’amore, forma di perfetta fecondità” (Balthasar, Stati di vita, p. 86-87)
«49. Riguardo alle parole: Non dovranno più morire notiamo che i matrimoni ci sono per la procreazione dei figli, i figli per la successione, la successione a causa della morte. Dove dunque non c’è morte non vi sono neanche matrimoni. In effetti, come il nostro parlare si effettua e si completa con lo scomparire delle sillabe e il succederne di nuove, così è degli uomini di cui si parla: mancando gli uni e subentrando altri realizzano e completano l’ordine del mondo presente, formato dalle cose temporali bellamente intessute fra loro.
Nell’altra vita, al contrario, la parola di Dio di cui godremo non si compone di sillabe che, scomparendo le une, ne subentrano altre, ma sarà una parola che contiene simultaneamente tutte le cose che possiede rimanendo sempre la stessa. Ne segue che quanti parteciperanno di questa parola e in essa soltanto troveranno la vita non verranno meno a causa della morte né occorreranno nascite per far la successione». (Agostino, Commento a Luca)
Il martirio dei sette fratelli è il centro teologico e spirituale del libro dei Maccabei, da leggere sia secondo il senso letterale che secondo il senso simbolico. Secondo una lettura storica si tratta di sette fratelli con la loro madre che vengono messi a morte in modo estremamente crudele dal dominatore del momento. Secondo una lettura simbolica i sette fratelli indicano la totalità del popolo ebreo fedele, che insieme alla loro madre, la Sinagoga, rendono testimonianza con la loro morte all’alleanza con IHWH prefigurando così la morte di Cristo, e incarnando nella loro umiltà (sono dei senza-nome… come Dio) la lotta tra il potere di Dio, e il potere del Re, il Maligno, l’Oscuro Signore della saga dell’Anello.
Dopo la loro morte Giuda Maccabeo inizia la lotta per la riconquista della libertà, la loro morte segna dunque un punto storicamente centrale, il centro del messaggio di tutto il libro ed anche il punto in cui la rivelazione dell’Antica Alleanza si avvicina di più alla confessione della fede nella risurrezione e perciò a uno dei vertici dell’Antica Alleanza
Siamo verso la fine del percorso dell’anno liturgico e la liturgia fa presagire questo volgere verso la fine, preludendo alla fine dei tempi e facendoci toccare due punti vertice della rivelazione biblica, la fede nella risurrezione e la possibilità della verginità come ideale desiderabile, anzi compimento della vocazione della persona alla somiglianza con Dio e alla vita eterna.