Amos 8, 4-7 1 Tim 2,1-8 Lc 16, 1-13
Dopo aver annunciato la misericordia di Dio (cap. 15) ora l’Evangelista inserisce una convincente raccomandazione a usare misericordia (16) (Bonaventura, Commento al Vangelo di Luca.)
La prima lettura ci mostra la quarta visione del libro di Amos. Con questo profeta si apre una nuova era del profetismo: il libro scritto. Il messaggio è così incisivo che viene da tramandarlo. Era anche un messaggio nuovo. Non basta più il riformismo dei profeti precedenti: tutto il sistema è putrido, Israele è un muro piombato, incapace di stare in piedi, è un cesto di fichi maturi, maturato per la fine, un albero da abbattere del quale resta solo un ceppo. Questo in fondo è il messaggio: il tempo della fine è maturato e invece di avere un canestro di frutta matura appare tutto il marcio. Perciò terribile risuona la parola di JHWH nei precedenti quadri. Per tre delitti e per quattro non perdonerò (Letteralmente: Non ritornerò). Una serie di sette “non ritornerò” culmina con l’ottavo, rivolto a Israele, cui seguono i guai, tutti sul tema della giustizia e poi le visioni.
La situazione è questa: alcuni ricchi calpestano i poveri e scacciano gli umili, non rispettano neppure la festa e aspettano solo che si possa lavorare per vendere a prezzo maggiorato e con bilance false prodotti scadenti, approfittando della miseria dei bisognosi che devono accontentarsi delle loro offerte. Contraffacendo perciò pesi e misure
Al contrario nel Vangelo troviamo un amministratore che si fa generoso con beni non suoi, e viene lodato per la sua sapienza e astuzia (cioè arte di vivere). In effetti, la sua arte consiste nell’approfittare a proprio beneficio della ricchezza di Dio e per farla fruttare, sempre a proprio vantaggio, sempre contraffacendo le misure, ma questa volta a vantaggio dei creditori, falsificando la bilancia ma in modo da farsi amici, sia pure con una ricchezza non propria. Questi è lodato per la sua astuzia sapiente. Sono i peccati della logica di Dio: dare uguale anche agli ultimi arrivati, in barba a quelli che hanno sgobbato dall’inizio, falsificare le bilance in favore dei debitori. Non per niente il Padre nostro ci fa chiedere: perdona come noi perdoniamo… se perdoniamo con bilance false che restringono la misura del dono per il prossimo e la allargano a dismisura per me…Come per la parabola della peccatrice: il perdono è il dono perfetto, anche lì si tratta i due debitori e Dio condona a entrambi; è una magnanimità che sempre spiazza il nostro calcolo.
Ed è proprio la parola del condono che ci apre all’intelligenza del messaggio di questa parabola/exemplum: il capitolo precedente è stato definito della Misericordia. Anche questo è in un certo senso la conseguenza del primo: La Misericordia del Padre va imitata dai discepoli di Cristo.
Il messaggio della fede nascosto in questa liturgia è che la situazione di squilibrio e d’ingiustizia il Padre l’ha risolta addossandola tutta sulle spalle del Figlio che così è divenuto unico mediatore per tutti gli uomini: per i poveri per i quali è venuto, per i ricchi ai quali indica la via dello spogliamento e della povertà; ricco di divinità ha assunto l’umanità perché i ricchi del mondo non disdegnassero di rivestire la povertà che è la condizione comune. Come dice la seconda lettura egli è il Salvatore di tutti, ricchi poveri, è mediatore per tutti, vuole che si preghi per tutti. Il Figlio è il perdono di Dio per l’umanità. Da questo primo messaggio dottrinale sgorga chiara l’indicazione morale. Si tratta di comportarsi come Dio cioè di assumere la logica della sua prodigalità, del suo calcolo così diverso dal nostro avaro calcolo. Ci viene detto di non servire due padroni, cioè di portare a fondo la rinuncia battesimale. Se pensiamo alla serietà della situazione descritta da Amos il messaggio dottrinale ci dice che ogni azione ha il peso del nostro destino eterno, e come sappiamo di desiderare la benedizione così non dobbiamo aver paura di guardare in faccia la possibilità della dannazione. Questo è ciò che è in gioco dentro ogni scelta: E’ maturata la fine per il mio popolo: non gli perdonerò più, diceva poco prima Amos. Ma Voglio che tutti gli uomini si salvino…dice Paolo, si tratta allora di lasciarsi immergere nella volontà di salvezza di Dio. L’amministratore è lodato perché contando sulla indulgenza del Padrone si è guadagnato amici per il futuro, dice Ambrogio. Uno è Dio, Uno il mediatore. Di Lui sono fatto banditore, apostolo e maestro. Della sua misericordia che ricevo sono amministratore o avaro o prodigo e siccome tutti gli uomini sono chiamati alla salvezza il primo compito per chi amministra questa grande dispensa di grazia è pregare per tutti, per i poveri e per i ricchi, per quelli che sono al potere perché su di loro il giudizio è severo. E per i poveri perché di loro Dio si prende cura, Dio li visita (Am 3,2). Ancora una volta la posta in gioco è grande: nel tempo si tratta di avere il cuore e l’anima aperti all’esito eterno di ogni nostra azione pensiero, progetto perché lì si gioca la salvezza non solo nostra ma di tutti gli uomini.