L’esercizio imprudente del ministero petrino.
Nel capitolo 16 di Matteo abbiamo un esempio della paideia del Signore della sua pedagogia educativa; prima nel confronti di Farisei e Sadducei, poi nei confronti dei discepoli, infine nel confronti di Pietro, e in ultimo rivolto a tutti egli offre la chiave della sapienza: prendere la propria croce. Ai discepoli risveglia la memoria, a Pietro risveglia la fede, facendo ciò che la Regola di san Benedetto afferma come compito dell’Abate: alterna promesse e rimproveri; e infine a tutti coloro che invita alla sequela, ai discepoli annunciando il mistero della passione e il definitivo segno della gloria.
Nelle altre letture possiamo vedere la stessa capacità educativa della Parola di Dio: Geremia è un profeta perseguitato, nella cisterna, cioè sotto il torchio della prova e rischia di venir meno e di accusare il signore di seduzione; Davide nel salmo 62 è un profeta, un re perseguitato in fuga nel deserto di Giuda che si rifugia nel santuario di Dio; Paolo nella lettera ai Romani invita i cristiani ad offrire un sacrificio razionale cioè logico, cioè un sacrificio sapiente… La parola diventa lo specchio in cui ciascuno può riconoscere la propria situazione di prova. Il punto ultimo di questa divina paideia è la croce: accettata da Gesù, proposta ai discepoli come segno distintivo del discepolo, come la chiave della sapienza, la porta alla trasfigurazione.
Nel vangelo e nella prima lettura abbiamo un’apparente contraddizione in una sostanziale uguaglianza di messaggio. Un’apparente contraddizione perché mentre nel Vangelo è Gesù che rimprovera Pietro piuttosto duramente con l’appellativo di Satana, nella confessione di Geremia è Geremia ad accusare il Signore di averlo sedotto con la forza, un accusa non da poco.
Geremia è in uno dei momenti più drammatici della sua missione. Si rivolge a Dio da prigioniero perseguitato, in un lamento che sbocca, nella sua parte centrale, in una luminosa a confessione di fede. La Parola di Ihwh, quella parola che al momento della sua vocazione gli era stata promessa come garanzia della compagnia del Signore, come parola certa che avrebbe edificato e piantato secondo il disegno di Dio è ora divenuta un fuoco interno per la sua potenza inespressa e una croce per ciò che provoca negli altri: vergogna e disonore. Geremia ora sperimenta che la Parola che al primo venirgli incontro aveva divorato con avidità, ed era stata la gioia e la letizia del cuore adesso è motivo di sofferenza. Ma a questo punto è come se il profeta fosse “gravido” di questa parola, la porta dentro di sé avendola accolta, come una madre porta in grembo il figlio, e questa parola è dentro di lui come fuoco incontenibile. L’episodio si illumina alla luce del compimento evangelico; la passione di Geremia è annuncio e prefigurazione della Passione di Cristo.
Tra Geremia e Pietro nell’apparente contraddizione la situazione è analoga. È il momento della crisi dell’eletto:
Pietro ha imprudentemente esercitato la fiducia a lui conferita. Dopo la confessione di Cesarea Gesù lo corregge; dopo averlo beatificato per la fede gli dice ora: “Arrangiati” Nel senso etimologico di “rientra nei ranghi” stai al tuo posto e il tuo posto è il posto del discepolo, di colui che sta dietro. Vade retro non significa solo: Vattene! In questo caso significa: Passa dietro! Si tratta di un fallimento? Della messa in dubbio della vocazione dell’uno e dell’altro? Piuttosto è un momento dell’educazione che Dio dà ai suoi eletti: sostenendoli quando vacillano e correggendoli quando si esaltano. Pietro si era esaltato per l’intronizzazione ricevuta e pensava di far bene a esercitare il suo potere… Geremia è semplicemente nella prova, che sarà occasione per un rinnovato atto di fede. Anche Pietro è davanti allo scandalo della croce, ma vi sta davanti come a una prospettiva futura che è in suo potere scongiurare con il suo temperamento impulsivo, istintivo e ribelle. Non sa riconoscere in questo insegnamento-profezia del Signore la continuità con tutto ciò che di Gesù ha conosciuto e lo ha convinto a seguirlo e poi a riconoscerlo come il Cristo. E’ vero che è la prima volta che il Signore prende la parola per dare un insegnamento così esplicito sul suo destino e insieme sul destino che attende chi accetta di seguirlo. E’ una profezia e una catechesi insieme. Geremia e Pietro sono entrambi davanti al mistero della croce, prefigurata per il primo nella sua stessa biografia, annunciata per il secondo. Geremia incarna già ciò cui Pietro si ribella.
Cosa aiuta a sostenere questo scandalo?
Ce lo dice la seconda lettura in due avvertimenti
- Offrire i vostri corpi come offerta viva: non lasciarsi prendere la vita: offrirla liberamente, Gesù alla croce, Geremia alla profezia, Pietro alla sequela
- Non conformarsi alla mentalità del mondo, che è la stessa correzione che Gesù offre a Pietro: Tu non pensi secondo Dio!
In questo caso pensare secondo Dio significa accettare il suo metodo che implica l’assunzione della carne e del dolore fino all’ultima conseguenza della croce. Pensare secondo Dio significa non cercare di evitare quella strettoia; è un nuovo modo di amare che non toglie all’altro il suo peso, al sua fatica, ma che la accetta per l’altro e la accetta per sé. Infatti Geremia e Pietro sono davanti al mistero della croce perché Gesù sta andando incontro al compimento della sua missione e di questo fa il cuore dell’insegnamento ai suoi discepoli. La croce inizia già da adesso a essere la cattedra della sapienza.