Alle Meditazioni sul Libro dei Salmi, ora tradotte dall’Editore Cantagalli (si tratta del primo volume, sui Salmi 1-51, che inaugura la nuova Collana “Spaemanniana”), Robert Spaemann, il grande pensatore cattolico amico personale di Papa Benedetto XVI (e assai apprezzato anche da S. Giovanni Paolo II), ha dedicato un’intera vita. Rimaste a lungo chiuse in un cassetto, di queste meditazioni soltanto un ristretto gruppo di amici conosceva l’esistenza. Fra questi H.U. von Balthasar, il quale, parecchi anni fa, ne aveva caldeggiato, senza successo, l’immediata pubblicazione. Ne aveva compreso l’assoluta importanza in quanto testo avvicinabile ai capolavori della letteratura spirituale di una millenaria tradizione, quella che andava da S. Ilario di Poitiers a S. Agostino, fino a S. Tommaso e ai giorni nostri. Robert Spaemann ha deciso di pubblicare queste meditazioni solo pochi anni fa per lasciarci una sorta di testamento che è, insieme, spirituale e antropologico-filosofico.
Fides et Ratio: è questa la cifra essenziale di queste Meditazioni. Per Spaemann il Libro dei Salmi ha contribuito nella millenaria storia cristiana ad edificare l’“Europa in cui possiamo credere”. Come recita il titolo di quella bellissima Dichiarazione di Parigi della fine del 2017, che proprio Spaemann ha sottoscritto insieme ad uno stuolo di pensatori europei di assoluto rango: fra questi R. Brague e R. Scruton. In tale documento, si legge: “L’Europa vera è stata segnata dal cristianesimo. L’Impero spirituale universale della Chiesa ha portato l’unità culturale all’Europa, ma lo ha fatto senza un impero politico… L’Europa vera è una comunità di nazioni, con lingue, tradizioni e confini propri. Eppure ci siamo riconosciuti sempre affini, anche quando siamo arrivati al contrasto o persino alla guerra…L’Europa vera afferma la pari dignità di qualsiasi persona, senza fare differenze di sesso, rango o di razza. Anche questo proviene dalle nostre radici cristiane. Le nostre virtù nobili hanno un’ascendenza inequivocabilmente cristiana: l’equità, la compassione, la misericordia, il perdono, l’operare per la pace, la carità. Il cristianesimo ha rivoluzionato le relazioni tra gli uomini e le donne, dando valore all’amore alla fedeltà reciproca come mai era stato fatto prima. Il legame del matrimonio consente sia agli uomini sia alle donne di prosperare in comunione. La maggior parte dei sacrifici che compiamo sono a vantaggio dei nostri coniugi e dei nostri figli. Anche questo spirito di donazione di sé è un altro contributo cristiano all’Europa che amiamo”.
La meditazione del Libro dei Salmi ha accompagnato la bimillenaria storia della Chiesa, ha contribuito in modo essenziale a formare quella coscienza cristiana senza la quale non esiste Europa – l’Europa è cattolica anche se non lo sa: parafrasiamo così quanto R. Brague ha detto di recente dell’Università –, ha dato forma ad una antropologia che ha sempre avuto come perno essenziale il legame profondo fra Antico e Nuovo Testamento contro tutte le ermeneutiche teologiche che oggi si illudono di poter rimuovere questa continuità profonda.
La prospettiva intima e personale, che si alterna serenamente e con equilibro a quella antropologico-filosofica, fa davvero di quest’opera un unicum assoluto nella storia millenaria delle meditazioni sui Salmi. La peculiare qualità della scrittura di Robert Spaemann (un altro suo amico, lo scrittore tedesco Martin Mosebach, ha parlato di una “chiarezza incredibile”) sorprende continuamente in pagine la cui lettura diventa una vera e propria esperienza spirituale per chi vi si immerge. Pagine che contagiano gioiosamente il suo fortunato lettore: “La vera preghiera contiene già l’inizio del suo appagamento. La grazia di poter pregare contiene già l’inizio di quella gioia che la preghiera invoca”, dice Spaemann nella Meditazione sul Salmo 5. O ancora: “Non si dà nessuna salvezza se il mondo non è, nel suo fondamento, buono e bello. Se non lo fosse, non varrebbe, infatti, la pena vivere né aprire gli occhi”, si dice nella Meditazione al Salmo 8.
A queste “Meditazioni di un cristiano” si applica perfettamente quanto è stato detto del De Trinitate di S. Ilario di Poitiers: in esse “la riflessione si trasforma in preghiera e la preghiera ritorna riflessione” (Cfr. A. M. Sicari, Come muoiono i santi, Ares, 2016, p. 121). Fides e ratio, si alternano qui armoniosamente: in esse vibra la tensione fra pensiero e preghiera, così caratteristica dell’età patristica del III e IV secolo, chiamata a combattere le tendenze ereticali più gravi.
Anche Giovanni Paolo II avvertì la necessità di ritornare a meditare sui Salmi. Le udienze generali del mercoledì (dal marzo del 2001 e il 2005) furono dedicate a questo, come si annunciava nella Novo Millennio ineunte: “Ci si sbaglierebbe a pensare che i comuni cristiani si possano accontentare di una preghiera superficiale, incapace di riempire la loro vita. Specie di fronte alle numerose prove che il mondo d’oggi pone alla fede, essi sarebbero non solo cristiani mediocri, ma ‘cristiani a rischio’. Correrebbero infatti il rischio insidioso di veder progressivamente affievolita la loro fede, e magari finirebbero per cedere al fascino di ‘surrogati’, accogliendo proposte religiose alternative e indulgendo persino alle forme stravaganti della superstizione”.
Questa stessa consapevolezza attraversa le meditazioni di Robert Spaemann. Il ritorno al Libro dei Salmi è “ritorno a Cristo” stesso, e questo ritorno è decisivo per le grandi prove a cui è chiamata oggi la Chiesa, così come lo fu nel III e IV secolo. I Padri della Chiesa “hanno saputo discernere e additare la grande ‘chiave’ di lettura dei Salmi in Cristo stesso….ne erano convinti: nei Salmi si parla di Cristo…Gesù applicò a se stesso i Salmi, quando disse ai discepoli: ‘Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi’” (K. Wojtyla). Non solo si parla di Cristo nei Salmi “ma è addirittura Cristo a parlare”. Come Romualdo, anche per Spaemann si dà “una via in psalmis”: una via, la sola, che consente a ciascuno di noi di ritornare ad un dialogo personale con Cristo. Proprio il grande S. Atanasio, ricorda Papa Wojtyla, di fronte “alla eresia ariana che imperversava attentando alla fede nella divinità di Cristo”, aveva colto nei Salmi un bastione decisivo sia per la vita della Chiesa che per quella di ogni cristiano. Nella sua Lettera a Marcellino S. Atanasio ricorda: “A me pare che le parole dei Salmi divengano uno specchio per la persona che le canta, così che vi può percepire se stesso e le emozioni del suo animo, e, avendole percepite, recitarle”.
La probità del pensiero e l’audacia della fede: ecco le armi con cui anche l’uomo di oggi può tener fermo l’unico fine per il quale valga davvero la pena impegnare la propria esistenza: “l’acquisizione della somiglianza divina”. Una somiglianza a cui aspira di continuo l’orante del Libro dei Salmi.
P.S. Chi fosse interessato a ricevere in omaggio una Brochure di presentazione della nuova Collana Cantagalli (con alcuni brevi testi di R. Spaemann) può scrivere al seguente indirizzo mail: meditazionisalmi2020@gmail.com.