J. A. Lizondo de Tejada, Beata Gabriella Sagheddu e San Rafael Arnaiz. Un percorso spirituale di abbandono

J. A. Lizondo de Tejada, Beata Gabriella Sagheddu e San Rafael Arnaiz. Un percorso spirituale di abbandono

Premessa

            La prima volta che ho sentito parlare di Fratel Rafael è stato a Burgos, più di cinquantacinque anni fa. Avevo sette anni. Stavo camminando con mia nonna paterna lungo il Paseo de la Isla, tornando a casa dalla messa. A meno di cento metri da casa sua la nonna mi disse che nell’edificio che stavamo costeggiando era nato un santo, un trappista che era morto molto giovane. Ha preso una foto dal suo messalino e me l’ha data.

            Anni dopo, da adolescente, ho letto il libro scritto dalla madre di san Rafael che ne narrava la vita e ne raccoglieva gli scritti. Ho scoperto un giovane con un profondo amore per Dio e per la Vergine, che ha iniziato un processo di conversione della propria vita spirituale che lo ha portato a cercare il Signore sempre di più fino a dare una risposta amorevole e incondizionata alla chiamata divina ed entrare a san Isidro de Dueñas; e che, dentro e fuori il monastero, entrò decisamente in un cammino di abbandono nelle mani di Dio, fino a dare la vita. Un giovane che mi ha parlato direttamente e che mi ha fatto conoscere la spiritualità cistercense.

            Una spiritualità che, per me, è un’esperienza di trasformazione, sia interiore che esteriore (conversatio morum), che cerca di seguire Gesù Cristo secondo la Regola di san Benedetto e, vivendone i precetti, di unificare la vita. Ho scoperto la Lectio divina, la preghiera e la lode, sia liturgica sia personale, centrata sulla Parola. Questo mi ha fatto iniziare un percorso di fiducia e di abbandono in Dio. Un percorso che, con i suoi alti e bassi, cerco di continuare a vivere giorno per giorno.

            Più tardi il mio interesse per l’ecumenismo mi ha portato a conoscere la Beata Gabriella Sagheddu, che ha dato la sua vita per l’unità dei cristiani e ad entrare in contatto con la comunità di Vitorchiano. Attraverso le sorelle M. Augusta Tescari, Gabriella Masturzo e Maria Paola Santachiara ho approfondito la conoscenza del significato dell’Ecumenismo spirituale, del carisma ecumenico di Vitorchiano iniziato da Madre Pia Gullini e, soprattutto, della vita e delle lettere della Beata Gabriella. Questo ha dato inizio ad un rapporto di amicizia con lei e, leggendo e traducendo le sue lettere per la pubblicazione in spagnolo, ho imparato a vivere nell’abbandono e nell’accettazione della volontà di Dio per la mia vita.

            Scoprire che Rafael e Gabriella, che si sono consacrati a Dio e hanno vissuto una vita realizzata nella sua essenza cistercense, erano contemporanei, mi ha portato ad approfondire la loro vita e mi sono reso conto che entrambi avevano vissuto, all’interno del carisma cistercense, un cammino spirituale di abbandono nelle mani di Dio. Ho sentito, dentro di me, il bisogno di scrivere quest’opera. (segue)

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