Il Signore è la mia luce e la mia salvezza:
di chi avrò timore?
Il Signore difende la mia vita:
di chi avrò paura?
Sal 26 (27), 1
LETTURA
La condanna di Sòdoma e Gomorra.
SALMO
Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. R/.
Beata la nazione che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini. R/.
Dal trono dove siede
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui, che di ognuno ha plasmato il cuore
e ne comprende tutte le opere. R/.
EPISTOLA
Gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio.
CANTO AL VANGELO
VANGELO
Il banchetto delle nozze del figlio del re.
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
PREGHIERA DEI FEDELI
R/. Ascoltaci, Signore.
- Per il Papa, perché, sostenuto dalla nostra carità sincera e premurosa, possa provvedere alle necessità dei fratelli più deboli e bisognosi: preghiamo. R.
- Per la società civile, perché agisca con giustizia e verità, difendendo la libertà di ogni uomo: preghiamo. R.
- Per noi, perché, impegnandoci seriamente nel discernimento interiore, sappiamo intuire e mettere in pratica la volontà del Signore: preghiamo. R.
COMMENTO AL VANGELO
GREGORIO MAGNO
Hom. 38, 3.5-7.9.11-14
“Il regno dei cieli è simile a un re che fece le nozze per suo figlio” (Mt 22,2)
Dio Padre fece le nozze per Dio Figlio quando lo congiunse alla natura umana nel grembo della Vergine… Mandò dunque i suoi servi perché invitassero gli amici a queste nozze. Li mandò una volta, e li mandò di nuovo perché fece diventare predicatori dell’incarnazione del Signore prima i profeti, poi gli apostoli. Due volte, dunque, mandò i servi a invitare, infatti, per mezzo dei profeti disse che ci sarebbe stata l’incarnazione dell’Unigenito, e poi per mezzo degli apostoli disse che essa era avvenuta. Ma siccome quelli che erano stati invitati per primi al banchetto di nozze non vollero venire, nel secondo invito si dice: Ecco, ho preparato il mio pranzo, i miei buoi e i miei animali ingrassati sono stati macellati, e tutto è pronto (Mt 22,4) …
E (il Vangelo) continua: “Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari” (Mt 22,5). Andare nel proprio campo è darsi smodatamente alle fatiche terrene; andare ai propri affari è cercare con ogni cura guadagni mondani. Poiché chi è intento alle fatiche terrene e chi è dedito alle azioni di questo mondo finge di non pensare al mistero dell’incarnazione del Signore e di non vivere secondo esso, si rifiuta di venire alle nozze del re come uno che va al campo o agli affari. Spesso anche – e ciò è più grave – alcuni non solo respingono la grazia di colui che chiama, ma la perseguitano. Per questo (il Vangelo) soggiunge: “Altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re, venendo a sapere queste cose, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e dede alle fiamme la loro città” (Mt 22,6-7). Uccise gli assassini, perché fece perire i persecutori. Diede alle fiamme la loro città, perché nella fiamma dell’eterna geenna è tormentata non solo la loro anima, ma anche la carne nella quale abitarono…
Ma questi che vede disprezzato il suo invito, non vedrà deserte le nozze del figlio suo. Egli manda a chiamare altri, perché anche se la parola di Dio fatica a trovare accoglienza presso alcuni, tuttavia troverà dove riposare. Per questo (il Vangelo) soggiunge “Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora alle uscite delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze” (Mt 22,8-9). Se nella Sacra Scrittura intendiamo «strade» come «opere», comprendiamo che «uscite delle strade» significano «mancanza di opere», poiché molte volte giungono facilmente a Dio coloro che non godono i favori della fortuna nelle opere terrene. E prosegue: Usciti nelle strade, i servi raccolsero quanti ne trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali (Mt 22,10).
Ecco che con la stessa qualità dei commensali è detto chiaramente che in queste nozze del re è raffigurata la Chiesa del tempo presente, nella quale si riuniscono insieme ai buoni anche i cattivi. Essa è composta da figli diversi; tutti infatti li genera alla fede, ma non tutti, con un cambiamento di vita, li conduce alla libertà della grazia spirituale, per l’impedimento posto dal peccato. Finché viviamo quaggiù, è necessario che ce ne andiamo mescolati per la via del secolo presente. Saremo separati quando saremo giunti. I soli buoni, infatti, saranno in cielo, e i soli cattivi saranno all’inferno. Ora questa vita che è posta fra il cielo e l’inferno, per il fatto che è in posizione intermedia riceve cittadini da entrambe le parti; tuttavia quelli che ora la santa Chiesa riceve promiscuamente, alla fine del mondo li dividerà. Se dunque siete buoni, mentre restate in questa vita, sopportate pazientemente i cattivi. Infatti chi non sopporta i cattivi, attesta a se stesso di non essere buono a motivo della sua impazienza…
Ma poiché, o fratelli, con la grazia di Dio, siete già entrati nella sala del convito nuziale, cioè nella santa Chiesa, guardate bene che, entrando, il re non abbia a rimproverare nulla nell’abito dell’anima vostra. Infatti bisogna pensare con un grande batticuore a ciò che segue subito dopo: “Il re entrò per vedere i commensali, e vide là un tale che non indossava l’abito nuziale” (Mt 22,11). Quale pensiamo, fratelli carissimi, che sia il significato della veste nuziale? Se diciamo che la veste nuziale significa il battesimo o la fede, chi mai è andato a queste nozze senza il battesimo e la fede? È escluso infatti chi ancora non ha la fede. Cosa dunque dobbiamo intendere per la veste nuziale, se non la carità? Entra alle nozze, ma senza la veste nuziale, chi facendo parte della santa Chiesa ha la fede, ma non ha la carità. Giustamente si dice che la carità è la veste nuziale, perché il nostro Redentore era vestito di essa quando venne alle nozze per congiungere a sé la Chiesa. Fu per solo amore di Dio che il suo Unigenito unì a sé le anime degli eletti. Per questo Giovanni dice: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito per noi” (Gv 3,16). Pertanto, Colui che venne agli uomini per la carità, ci svela che questa stessa carità è la veste nuziale. Ognuno di voi che vive nella Chiesa e crede in Dio, è già entrato al banchetto nuziale; ma è venuto senza la veste nuziale se non custodisce la grazia della carità…
Chiunque, essendo commensale alle nozze, non ha questa (veste), sia pieno di ansia e di paura quando, all’arrivo del re, verrà gettato fuori. Ecco infatti come vien detto: “Il re entrò per vedere i commensali e vide là un tale che non indossava l’abito nuziale”. Noi, fratelli carissimi, siamo quelli che sono commensali alle nozze del Verbo, avendo già la fede della Chiesa, nutrendoci al banchetto della Sacra Scrittura e godendo che la Chiesa sia unita con Dio. Considerate, vi prego, se siete venuti a queste nozze con la veste nuziale, esaminate attentamente i vostri pensieri. Soppesate i vostri cuori nei particolari, se non avete odio contro nessuno, se nessuna invidia vi infiamma contro la felicità altrui, se non vi studiate di danneggiare nessuno con occulta malizia.
Ecco che il re entra nella sala delle nozze e osserva la veste del nostro cuore, e a chi non trova rivestito di carità subito dice adirato: “Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale?” (Mt 22,12). È cosa degna di nota, fratelli carissimi, il fatto che chiama costui amico e tuttavia lo condanna, come se lo chiamasse amico e nemico allo stesso tempo: amico per la fede, nemico nelle opere. “Ed egli ammutolì (Mt 22,12)”, cioè – e non se ne può parlare senza dolore – nell’ultimo severo giudizio verrà a mancare ogni possibilità di scusa, perché Colui che rimprovera dall’esterno sarà anche voce della coscienza che accusa l’anima dall’interno…
Coloro pertanto che ora si lasciano spontaneamente legare dal vizio, allora saranno controvoglia legati dai tormenti. È giusto poi dire che saranno gettati nelle tenebre esteriori. Noi chiamiamo tenebra interiore la cecità del cuore, e (chiamiamo) invece tenebra esteriore la notte eterna della dannazione. Ogni dannato dunque non viene mandato nelle tenebre interiori ma in quelle esteriori, poiché è gettato controvoglia nella notte della dannazione colui che volontariamente cade nella cecità del cuore. Si dice anche che là sarà pianto e stridor di denti, sì che stridano là i denti di coloro che qui godevano nella voracità, e piangano là gli occhi di coloro che qui si davano a concupiscenze illecite; e così saranno sottoposte a tormenti tutte quelle membra che qui servirono a qualche vizio.
Subito dopo che è stato espulso costui, nel quale è raffigurata tutta la schiera dei malvagi, viene una sentenza generale, che dice: “Molti sono chiamati, ma pochi eletti” (Mt 20,16). È tremendo, fratelli carissimi, ciò che abbiamo ascoltato! Ecco che noi, chiamati per mezzo della fede, siamo già venuti alle nozze del re celeste, crediamo e professiamo il mistero della sua incarnazione, ci nutriamo con il cibo del Verbo divino, ma il re deve ancora venire a giudicare. Sappiamo che siamo stati chiamati: non sappiamo però se saremo eletti. Sicché è necessario che tanto più ciascuno di noi si abbassi nell’umiltà in quanto non sa se sarà eletto. Alcuni infatti nemmeno iniziano a fare il bene, altri non perseverano affatto nel bene che avevano iniziato a fare. Uno è stato visto condurre quasi tutta la vita nel peccato, ma verso la fine di essa si converte dal suo peccato attraverso i lamenti di una rigorosa penitenza; un altro sembra condurre già una vita da eletto, e tuttavia verso la fine della sua esistenza gli capita di cadere nella nequizia dell’errore. Uno comincia bene e finisce meglio; un altro si dà alle male azioni fin da piccolo e finisce nelle medesime dopo essere diventato sempre peggiore. Tanto più ciascuno deve temere con sollecitudine, quanto più ignora ciò che lo aspetta, poiché – bisogna dirlo spesso e non dimenticarselo mai – “molti sono chiamati, ma pochi eletti”.