Dom Giacomo Brière, Presidente dell’Associazione Nuova Citeaux ha festeggiato nel 2016 anno della Misericordia il Giubileo di professione monastica, i vent’anni di sacerdozio e i vent’anni di Abbaziato. Nato nel 1938, di nazionalità francese è entrato nell’abbazia di Sept Fons dove ha fatto professione di voti perpetui il 12/12/1966, ha ricevuto poi l’Ordinazione Presbiterale il 20/07/1996 a Roma; è stato per lunghi anni segretario dell’Abate Generale Dom Ambrose Southey prima di essere eletto superiore ad nutum (1994) e poi Abate delle Tre Fontane (1996).
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Questa vita perduta, totalmente mia, e totalmente loro, io rendo grazie a Dio che sembra averla voluta interamente per quella gioia attraverso e nonostante tutto. In questo grazie in cui tutto è detto ormai della mia vita, includo anche voi, certo, amici di ieri e di oggi, e voi amici di qui, insieme a mia madre e a mio padre, alle mie sorelle e ai miei fratelli e a loro, centuplo regalato come era stato promesso. E anche tu, amico dell’ultimo istante, che non saprai quello che starai facendo, si anche per te io voglio dire questo grazie e questo ad-dio, nel cui volto ti contemplo.
Dom Christian, Testamento Spirituale
Ogni causa umana può trovare i suoi eroi, o i suoi fanatici, che accettano di morire per il suo trionfo. La storia contemporanea ha messo in evidenza i kamikaze giapponesi animati d’un ardente patriottismo, i bonzi buddisti che si sono immolati per la pace o i jihadisti autori degli attentati suicidi che si sono moltiplicati nel mondo dopo la distruzione delle Torri Gemelle di New-York; senza parlare del marinaio che non abbandona la sua nave che affonda nell’oceano o, più prosaicamente, di fatti di cronaca come il caso dell’uomo che si fa saltare con la sua casa piuttosto che accettare di vederla venduta ad un altro.
In certi casi si accetta un’immolazione personale al servizio di una cosa, senza mettere altre persone in pericolo di perdere la vita, in altri casi si cerca precisamente di fare numerose vittime. In ultimo notiamo sia persone singole che possono essere presentate come martiri, sia collettività; possiamo parlare di una città martire o di una nazione martire. O ancora sono presentate come martiri delle persone che, per una ragione o l’altra, vivono ai margini della società.
Coscientemente o incoscientemente, il martirio opera un capovolgimento della morte e del fallimento. Testimonianze del genere sono sia fatto politico, sia conseguenze d’un tragico conflitto d’interessi o di idee.
Tutt’altro è il significato del martirio nell’ambiente cristiano. Non è la morte stessa che si ricerca, né la propria né quella degli altri, ciò che si ricerca è la conformità a Cristo, alla sua vita e, soprattutto, al gesto supremo di amore che è stato la sua morte.
Il martirio fa parte integrante della storia della Chiesa, non solo della Chiesa primitiva, ma anche della Chiesa di oggi e della Chiesa di tutti i tempi. La grande celebrazione fatta in occasione dell’anno del Giubileo del 2000 è stata per molti l’occasione per prendere coscienza del numero impressionante di cristiani martiri nell’epoca contemporanea. Durante i primi secoli della Chiesa, il martirio è stato il simbolo della perfezione cristiana, come il vertice della vita cristiana. Sono le Passioni e gli Atti dei martiri, sono le esortazioni al martirio che ci dicono ciò che è stata la fede dei primi cristiani in tutti i paesi e in tutti gli ambienti sociali toccati dalla diffusione del cristianesimo. La fede manifestata in tutti questi documenti non è una fede teorica e astratta, ma una fede vissuta nell’impegno totale e radicale di una vita confrontata con ogni genere di rischio, fino a quello di versare il proprio sangue. Il martirio non era una cosa eccezionale, ma la prova suprema alla quale la Chiesa primitiva preparava i suoi figli. Cosi, dal punto di vista dogmatico, i racconti dei martiri hanno un valore incomparabile, più grande di quella delle arringhe degli apologisti o delle speculazioni dei teologi delle diverse scuole dell’antichità.
Tutti i martiri attestano che Cristo è l’unico vero martire. Con il suo sacrificio, volontariamente accettato, Gesù dà la testimonianza suprema della sua fedeltà alla missione affidata dal Padre suo. Nel suo vangelo, san Giovanni lo dice in una formula ricca di significato: Nessuno toglie la mia vita, ma la offro da me stesso. Una formula che ci rivela tutta la densità e la grandezza dell’amore di Gesù, la grandezza del suo desiderio di compiere la volontà del Padre in tutta libertà. Una formula che ci fa intuire che il suo potere di dare la propria vita è cosi vasto da comprendere il potere di riprenderla. Con ogni probabilità, Gesù ha previsto e annunciato la sua morte violenta e ha cercato di darle un significato, di inserirla nella sua proclamazione della vicinanza del Regno di Dio. [segue]