Il filosofo dichiaratamente cattolico Robert Spaemann festeggia il 5 maggio il suo novantesimo compleanno – Profilo di Henning Klingen
Robert Spaemann (Berlino, 5 maggio 1927) è un filosofo e teologo tedesco, professore emerito di filosofia presso la Ludwig-Maximilians-Università di Monaco di Baviera; lo scorso 5 maggio ha compiuto 90 anni. Dato che è uno dei maggiori pensatori cattolici d’Europa pubblichiamo anche se in ritardo questo articolo scritto in occasione del suo 90 compleanno il 5 maggio scorso.
05.05.2017
Un sentiero lungo, buio e ripido. Chi vuole visitare tutte le 14 stazioni della Via Crucis di questo sentiero nel bosco, e intanto anche pregare, deve essere in buona forma, ma viene ricompensato da una splendida vista dell’Abbazia trappista di Mariawald, troneggiante su una collina. Ci si trova nell’Eifel, all’estremità occidentale della Germania. Un luogo in cui non si arriva per caso, bisogna venirci di proposito, spinti dal desiderio di cercare questa vita austera, scandita da un duro lavoro fisico e spirituale e dal ritmo della liturgia – forse perché sin dall’infanzia si è stati catturati dal suo fascino, come è accaduto a uno dei più famosi intellettuali e filosofi tedeschi contemporanei: Robert Spaemann, che venerdì prossimo, 5 maggio, festeggia il suo novantesimo compleanno.
Dopo una carriera pluridecennale presso diverse università tedesche – da Münster a Monaco passando per Stoccarda e Heidelberg – e dopo essere diventato emerito nel 1992, Spaemann si è ripetutamente messo a servizio dell’abbazia. Perché? Per la sua predilezione per la vita monastica, alla quale un tempo si sentì chiamato, ma anche perché quassù nell’Eifel si è ritornati al “Rito Antico” preconciliare, che egli ama e per la cui reintroduzione nell’anno 2007 egli si è molto adoperato presso il Papa emerito Benedetto XVI.
Ma che cosa ha ancora da dire Spaemann? Qual è il suo messaggio? Trova ancora un canale di comunicazione al di fuori dalle mura monastiche, nella vita pubblica secolare? Chi desidera commemorarlo, deve porre attenzione alla sua vita: a un primo sguardo la si legge come la classica biografia di un erudito, caratterizzata da letture e studio, in realtà essa risulta segnata anche da una profonda religiosità vissuta in famiglia. Nell’Autobiografia in forma di intervista Über Gott und die Welt [Dio e il mondo. Un’autobiografia in forma di dialogo, tr. it, Cantagalli, Siena, 2014] Spaemann racconta, ad esempio, che già a tre anni provava “un senso di benessere”, quando, “sdraiato in grembo a sua madre si sveglia al salmodiare dei monaci, il cui canto già lo aveva cullato nel sonno”.
“Controrivoluzionario – un titolo onorifico”
Dopo la morte della madre, il padre divenne prete, e in Spaemann nacque ben presto il desiderio di diventare monaco. I Benedettini del monastero di Gerleve in Renania del Nord-Westfalia avevano conquistato il suo cuore. Ma non fu così, fu la filosofia a conquistare la sua vita – sorretta sempre dalla nostalgia bruciante di una patria che “brilla nell’infanzia di tutti noi, ma nella quale nessuno è mai stato”, come scrive parafrasando Ernst Bloch. Da questa miscela biografica si sviluppò già ai tempi della scuola anche la sua posizione totalmente antifascista e decisamente di rifiuto nei confronti dei nazisti. Si sottrasse al giuramento ad Adolf Hitler simulando una malattia, e già da scolaro veniva considerato dai suoi compagni un “controrivoluzionario”, nel senso di opposizione ai nazisti. “Era per me un titolo onorifico: ero un controrivoluzionario”.
In un certo senso lo sarebbe rimasto per tutta la vita, anche riguardo ad altri problemi e ad altri dibattiti. Nulla gli era più estraneo che contribuire ad un’azione rivoluzionaria che nell’impeto del cambiamento cancellasse tradizioni e convincimenti profondi. Il suo amore è rivolto a ciò che permane, che egli trova ad esempio in Platone, Aristotele e Tommaso d’Aquino. Attingendo da questi, egli è rimasto fino ad oggi fedele a un pensiero fondato sul diritto naturale.
Consapevole dei problemi gnoseologici collegati a ciò, egli si attiene alla affermazione fondamentale che ci debba essere un tale fondamento, poiché “se non ci fosse nulla per natura giusto, non sarebbe nemmeno possibile discutere ragionevolmente intorno a problemi di giustizia”.
Per Spaemann Dio come scintilla iniziale di questa concezione del diritto, come Dio creatore, e la ragione non si escludono – al contrario. La ragione gira a vuoto, quando non conosce la propria limitatezza, quando non si colloca nell’orizzonte più ampio che porta la cifra di Dio.
La critica a Jurgen Habermas
Ugualmente a disagio egli si trova laddove l’umanità presume di esser riuscita a prendere in mano le redini della storia, anzi di farsi essa stessa misura della storia. Così gli rimasero estranei sia il movimento studentesco del ’68, che visse come professore all’Università di Stoccarda, sia il cambio di paradigma filosofico che in quel periodo si stava facendo strada, con il nome di Jürgen Habermas: per esempio criticò la possibilità di un “discorso svincolato dal dominio” , perché un qualsiasi confronto discorsivo, a suo parere, non può mai raggiungere quella profondità fondativa che può emergere da esperienze riflessive, e dalla comprensione di realtà connesse al diritto naturale. Il discorso ha la funzione di strumento che esamina leggi e norme date, “ma non può mai porsi come istanza che crea una norma”, afferma Spaemann.
Fuori dal coro appare anche il suo modo di considerare l’evento originale di ogni pensiero illuminista: la Rivoluzione Francese e la sua ricezione. Da subito il suo interesse si volse soprattutto a quei pensatori che cercano di fare il contropelo alla storia della Rivoluzione – ad esempio i filosofi francesi della Restaurazione, soprattutto il Vicomte de Bonald, sul quale scrisse la tesi di dottorato. [Le origini della sociologia dallo spirito della restaurazione, tr.it., Laterza, 2002]
L’idea della sovranità popolare, della presa di potere del popolo, era per Bonald il peccato per eccellenza, la distruzione della presenza di Dio contenuta nel simbolo del monarca. Un pensiero che bandisca la presenza di Dio dalla terra per Spaemann non può che continuare a significare “una sorta di abdicazione del pensiero” – senza che questo implichi una qualche indulgenza nei confronti delle conseguenze politiche alle quali il pensiero di Bonald ha pure portato, ad esempio la nascita della Action Française, prototipo di movimenti fascisti.
“Importante è ciò che è per sempre”
Fu sempre un viandante fra mondi diversi. Partì dalla casa paterna, cattolica, e si mise in viaggio – dall’estrema sinistra e dal marxismo, passando per i classici della Scolastica medievale e per l’Illuminismo, fino a lambire il pericoloso estremismo di destra di un Carl Schmitt. E’ sempre stato attirato dalle speculazioni spirituali ardite, sul filo del rasoio. Spaemann non sarebbe tuttavia uno dei più importanti filosofi viventi se mai si potesse ragionevolmente accusarlo di superficiale disfattismo circa la ragione o di accondiscendenza a favore di una restaurazione del diritto divino monarchico.
Non si trattò mai per lui, così come per i pensatori della Restaurazione, di ripristinare il passato, ma sempre, al contrario, di mantenere il gusto di ciò che si è perso e di rifarsi a ciò che non è una partita chiusa, a ciò che è ancora valido. “La mia difesa della modernità è radicata nella venerazione per ciò che sta scomparendo”, scrive. E in un altro passo: “Importante è ciò che è per sempre. Ciò che è per sempre si chiama “Dio””. Ecco che riemerge la sua avvolgente prospettiva cattolica, religiosa.
L’affermazione di Goethe “Chi fa della filosofia non è in accordo con le idee della propria epoca” può essere applicata anche a Spaemann. Fino ad oggi. Che si tratti di dibattiti filosofici sulla lettura della Rivoluzione Francese e sul concetto di ragione piuttosto che di discussioni pubbliche sull’energia nucleare, la difesa della dignità della persona contro uno scientismo distruttivo, il dibattito circa la riabilitazione della Fraternità sacerdotale San Pio X o quello circa Amoris Laetitia e la svolta di papa Francesco nella pastorale della famiglia: difficilmente è sorto e sorge un dibattito senza che vi sia un intervento per lo più controverso, a volte irritante, di Spaemann. E ciò fino ad oggi.
Tuttavia – e anche in questo si rivela un suo tratto monastico – egli non ha mai cercato di sviluppare un sistema filosofico, per non dire una “scuola”. Ha sempre più ascoltato che parlato, più posto domande che offerto risposte. E’ stato ed è tuttora alieno dal sistema, dal grande disegno. Inoltre per tutta la vita ha mantenuto un flessibile anticonformismo. E così alla serenità della sua indole cattolica non mancano solidità e inflessibilità. “Non ho mai avuto timore che qualcosa potesse intaccare la mia ortodossia”, puntualizza. Fa parte evidentemente dell’ironia della storia dello spirito, che proprio questa indole così marcatamente conservatrice lo renda un pensatore anticonformista; non si è tenuti a condividere il suo pensiero e le sue conclusioni, in ogni caso questi possiedono un intrinseco valore di provocazione.
Un debole per le Discipline ‘proscritte’
Sono le discipline bandite dal dibattito filosofico contemporaneo – la metafisica, il diritto naturale classico e la teleologia – ovvero la ricostruzione di un finalismo che permea l’essere – che resero Spaemann sempre un eccentrico, ma che pure gli hanno fruttato ripetutamente inviti a colloqui con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI a Castel Gandolfo. E sempre in cerchie di alto livello – ad esempio con il cardinal Christoph Schönborn , ma anche con Emmanuel Levinas, Ernst-Wolfgang Böckenförde e altri. In questo contesto, Spaemann intrattiene un particolare legame anche con l’ “Institut fur die Wissenschaft vom Menschen” di Vienna, del quale è stato consultore e che ai tempi di Giovanni Paolo II ha ripetutamente organizzato seminari a Castel Gandolfo.
Un originale come Spaemann attira tuttavia anche simpatizzanti sciagurati. Per questo Spaemann ha fama di essere asservito a correnti di destra, non ultimo anche in ragione del suo vivo interesse per Carl Schmitt e per i pensatori francesi reazionari, nonché per la sua preferenza personale a favore del Rito Antico. Nessun dubbio che non di rado Spaemann venga ‘arruolato’ – non solo non fa nulla per esserlo, ma purtroppo anche troppo poco per evitarlo.
Certo, la sua infranta cattolicità può apparire ai contemporanei quasi insopportabile, altrettanto la sua resistenza contro avventure filosofiche, e lo stesso gesto conservatore che irradia tutta la sua opera – ma forse tutto questo può essere valutato correttamente soltanto se collocato sullo sfondo delle sue più intime esperienze, della sua biografia. Chi cresce in tempi di disgregazione si volge al tutto, e cerca di salvarsi attraverso un tempo irrimediabilmente perduto.
Fonte: https://www.kathpress.at/goto/meldung/1498804/der-konter-revolutionaer-philosoph-robert-spaemann-wird-90
Traduzione di Paola Maria Rubini; revisione del prof. Leonardo Allodi
Bibliografia
Da Wikipedia opere tradotte in italiano :
- Concetti morali fondamentali, Piemme, Casale Monferrato, 1993.
- La nascita della sociologia dallo spirito della Restaurazione – Studio su L. G. A. de Bonald.
- Dio e il mondo. Un’autobiografia in forma di dialogo, Cantagalli, 2014.
- Essere persone, cur. G. Brotti G., La Scuola, 2013.
- con Löw Reinhard, Fini naturali. Storia & riscoperta del pensiero teleologico , Ares, 2013.
- Cos’è il naturale? Natura, persona, agire morale, cur. U. Perone, Rosenberg & Sellier, 2012.
- Tre lezioni sulla dignità della vita umana, Lindau, 2011.
- Rousseau. Cittadino senza patria. Dalla «polis» alla natura, Ares, 2009.
- La diceria immortale. La questione di Dio o l’inganno della modernità, Cantagalli, 2008.
- Tutta colpa loro? Un filosofo, un teologo e uno psicanalista a confronto sul peccato originale, ESD Edizioni, 2008.
- Persone. Sulla differenza tra «qualcosa» e «qualcuno», cur. L. Allodi, Laterza, 2007.
- Natura e ragione. Saggi di antropologia, Edusc, 2006.
- L’origine della sociologia dallo spirito della Restaurazione, cur. C. Galli e L. Allodi, Laterza, 2002.
- Felicità e benevolenza , Vita e Pensiero, 1998.