III DI QUARESIMA. DOMENICA DI ABRAMO – C

In Dio la mia salvezza e la mia gloria,
è il Dio della mia forza
e mia speranza è lui.
In lui sperate, voi tutti qui riuniti,
aprite il vostro cuore innanzi a Dio
perché è il Signore, è lui che ci soccorre.
Sal 61 (62), 8-9


LETTURA
Manderò un nuovo profeta.
Dt 6, 4a; 18, 9-22


SALMO RESPONSORIALE
R/. Salvaci, Signore, nostro Dio.
Sal 105 (106), 6-7c.43ab. 44-46

EPISTOLA
Cristo, giusto e giustificatore, strumento di espiazione.
Rm 3, 21-26

CANTO AL VANGELO
(Cfr. Gv 8, 46-47)

VANGELO
Abramo esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia.
Gv 8, 31-59

PREGHIERA DEI FEDELI
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COMMENTO AL VANGELO

A. FEUILLET
Da Il sacerdozio di Cristo e dei suoi ministri

La verità nella quale gli apostoli sono consacrati, l’abbiamo visto, è la rivelazione di Gesù Cristo e, in definitiva, la persona stessa del Cristo Rivelatore. Queste due asserzioni, “la Verità vi libererà” e “il Figlio libera” gli uomini, sono accostate da Gesù stesso nel discorso di Gv 8 (cf. vv.32.36); esse sono date da lui come equivalenti, sinonimia che non ha niente di tanto anormale dopo tutto quello che abbiamo detto più sopra. Bisogna leggere con attenzione questo capitolo VIII del quarto vangelo, per afferrare quello che Cristo Verità intende prima di tutto e soprattutto per liberare gli uomini, sia da sé, sia in seguito mediante i suoi rappresentanti.

La liberazione che Cristo porta agli uomini è prima di tutto e soprattutto la liberazione dal peccato, il grande nemico di Dio, e per ciò stesso, il grande nemico degli uomini, che solo rende gli uomini definitivamente schiavi. “Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato” (8,34).

Sicuramente nel Vangelo stesso, altri aspetti della liberazione devono essere considerati. Cristo in effetti non è passato da indifferente di fronte alle miserie fisiche; ha avuto compassione di ogni miseria umana, ivi compresa la miseria corporale; ha guarito numerosi malati. Come dimenticare che è il messaggio evangelico quello che più ha contribuito a diffondere l’amore dei poveri e dei diseredati, e a dare agli uomini il senso della giustizia sociale? Ma è chiarissimo che la liberazione dalla sofferenza fisica, sotto qualunque forma si presenti, non è la principale agli occhi di Colui che è stato il grande Sofferente dell’umanità.

D’altronde il Cristo dei Vangeli non ha voluto assolutamente stabilire una dominazione teocratica terrestre, utilizzando per questo la violenza. Ci si ricorderà a questo proposito della terza tentazione del deserto (Mt 4,8-11; cf. Lc 4,5-8), del “date a Cesare quello che è di Cesare” (Mc 12,17 e paralleli), del rifiuto di Gesù di far cadere il fuoco dal cielo sui Samaritani ostili (Lc 12,54), del suo rifiuto di lasciarsi proclamare re (Gv 6,14), del suo ripudio di ogni resistenza al male con la forza (Lc 22,38; Mt 26,52), del proclama che la sua regalità non è di questo mondo (Gv 18,36).

Alcuni buoni autori aggiungono anche questa precisazione: nel corso del suo ministero pubblico Gesù ha dovuto lottare costantemente per rifiutare ogni compromesso con l’ideale politico-religioso degli Zeloti che predicavano la guerra santa e sognavano di porre fine con la forza alla dominazione romana.

Comunque sia di quest’ultima ipotesi, una cosa è certa: il fine essenziale perseguito da Cristo è sempre la liberazione spirituale dei suoi fratelli. La Chiesa primitiva l’ha capito bene, e ha camminato sulle tracce del suo Maestro. Quando il suo reclutamento spesso si faceva tra gli umili, perfino tra gli schiavi, essa non ha mai ordinato la rivolta. Ma essa portava un messaggio rivoluzionario, che doveva sopprimere la schiavitù: schiavi e padroni convertiti, sapevano che allo sguardo di Dio essi erano fratelli chiamati alla stessa divinizzazione.

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