Guillaume Jedrzejczak, Omelia per la 6.a Domenica del T.O. – C

Guillaume Jedrzejczak, Omelia per la 6.a Domenica del T.O. – C

Ger 17, 5-8; 1 Cor 15, 12.16-20; Lc 6, 17. 20-26.

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           Cerchiamo tutti di essere felici, monaci o laici, celibi o sposati, uomini o donne! Desideriamo tutti che si compia per noi questa ricerca della felicità iscritta nel cuore di tutti gli uomini. Perché quale che sia il nostro modo di vivere, quale che sia la nostra fede, tutti siamo alla ricerca della felicità, della beatitudine. E Gesù non fa nient’altro se non riprendere questo desiderio fondamentale iscritto nel cuore di ogni uomo. Perché siamo fatti per essere felici, per godere la beatitudine.

            Ma se siamo tutti concordi sullo scopo da raggiungere, i pareri sono molto diversi sul modo di arrivare a questo scopo. Difatti, se lo scopo è unico, le vie che ci vengono proposte sono molto numerose e molto diverse. Il problema è allora di sceglierne una, di trovare quella più sicura che conduce alla vera felicità.

            Nella prima lettura, il profeta Geremia ci proponeva anche lui una via di felicità, benché egli abbia piuttosto la cattiva reputazione di essere un profeta di sventura! Per lui, la via della felicità supponeva la fiducia nel Signore, ed era radicalmente opposta al cammino in cui l’uomo confida nell’uomo, non affidabile perché mortale e fragile. Certo, la fiducia è buona, però si deve darla solo a chi può veramente aiutarci.

            Perché se una delle caratteristiche della vita umana è proprio questa capacità di dare fiducia, di credere nella vita, il problema diventa allora in che cosa riponiamo la nostra fiducia. Colui che mette la sua fiducia nel successo, nel potere, nelle ricchezze e nella gloria, nella forza o nel piacere, cerca anche la beatitudine. Però la sua ricerca è sbagliata, perché finisce sempre per scoprire che non basta.

            È per proteggerci dalla delusione della falsa felicità, che Gesù ci propone, in questo brano del vangelo di oggi, il proprio manuale della felicità! Perché il Verbo di Dio non è venuto tra di noi per contestare il nostro desiderio di essere felici, ma per aiutarci a trovare la strada giusta. Perché se Dio ha iscritto in noi, fino dalla creazione del mondo, questo gusto per la felicità, allora è solo Lui che può aiutarci a trovarla. Dopo il peccato originale, non sappiamo più come si fa. Non abbiamo perso il desiderio, ma abbiamo perso il cammino per compierlo. Corriamo in tutti i sensi, dietro tantissime cose, e proviamo tutto ciò che si presenta a noi, con frenesia, inquietudine, ma usciamo da queste esperienze sempre più delusi e più tristi.

            Gesù ci propone, nelle Beatitudini, la vera chiave della felicità. Ma è una chiave un po’ strana che potrebbe farci paura, se non capiamo ciò che il Signore ci consiglia. Difatti, Gesù oppone quelli che fanno crescere la loro capacità di desiderare e accettano di rimanere affamati e assetati da una parte, a quelli che sono soddisfatti e pieni di sé, che non aspettano più niente dall’altra parte. Perché ciò che rende l’uomo felice non è accumulare o riempirsi, ma sgomberare questo spazio del cuore dell’uomo interiore. L’uomo diventa infelice quando limita il proprio desiderio, il proprio essere, alle cose materiali di questo mondo. Quando si accontenta di questo mondo come unico orizzonte. Questo mondo è bello, bellissimo, però non dura, e non ci basterà mai. Alla fine, rimangono solo l’amarezza e la solitudine.

            Con le beatitudini, Gesù non vuole che disprezziamo questo mondo creato da Dio, molto buono e molto bello, ma vuole farci capire che siamo più grandi di tutto ciò che questo mondo potrebbe offrirci. In questo mondo, ci mancherà sempre qualcosa, ed è proprio questa mancanza, questo desiderio insoddisfatto che fa la grandezza dell’uomo, la bellezza di ognuno di noi!

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