Gioele 2, 12-18; 2 Co 5, 20-6, 2; Mt 6, 1-6. 16-18.
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Ci sono momenti nella vita, periodi dell’anno, in cui dobbiamo sederci e fermarci a verificare cosa ci anima, cosa ci fa vivere. Le poche parole con cui Gesù inizia il suo discorso, questa mattina, nel Vangelo, sono in se stesse tutto un programma, ma sono anche per noi un vero interrogativo sulle nostre motivazioni più profonde.
«Se vuoi essere giusto», ci dice infatti Gesù, prima di descriverci a lungo il modo in cui bisogna farlo. Ma questo presupposto è così ovvio per noi? Abbiamo davvero il desiderio di diventare giusti? Le nostre azioni, le nostre parole, le nostre reazioni, sono segnate da questo desiderio di giustizia? Qual è il nostro vero desiderio?
Invitandoci a superare la superficie delle cose, ad abbandonare le apparenze, per riflettere sulla nostra vita interiore più profonda, Gesù ci rimanda a ciò di cui le prime due letture cercavano di farci prendere coscienza. Ci rimanda alla verità del nostro desiderio.
Ora, sia il profeta Gioele che l’apostolo Paolo sono molto chiari. Entrambi ci parlano di conversione, di ritorno, di riconciliazione. Non si fanno illusioni su ciò che anima le nostre vite e le nostre scelte. Hanno individuato, nel cuore di Israele, nel proprio cuore, questa deriva del desiderio che, molto presto, rischia di allontanarci da Dio, di renderci completamente estranei alla vita di Dio.
Alle soglie di questa Quaresima, la Chiesa ci offre l’occasione, attraverso questa liturgia delle ceneri, di rinnovare il nostro desiderio. Senza stancarsi, con tenera tenacia, la Chiesa ci invita a ritornare, a riconciliarci, a ritrovare il gusto e la gioia del desiderio spirituale. Siamo davvero pronti a farlo?
Il dono di sé, la preghiera, il digiuno ci aiuteranno senza dubbio a verificare ciò che anima veramente la nostra vita. Tuttavia, se constatiamo che il nostro desiderio è molto povero, che la nostra sete di giustizia si è assopita, il dono di noi stessi, la preghiera e il digiuno risveglieranno in noi quell’altra dimensione del nostro essere che è caduto nel sonno e nella negligenza. Osiamo dunque tentare l’avventura, osiamo ritornare a Colui che ha dato la sua vita per noi. Oggi «non induriamo il cuore, ma ascoltiamo la voce del Signore»!