Guillaume Jedrzejczak, Omelia per il Giovedì Santo

Guillaume Jedrzejczak, Omelia per il Giovedì Santo

Es 12,1-8. 11-14; 1 Cor 11,23-26; Gv 13,1-15.

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Con una sorprendente scorciatoia, le tre letture della liturgia odierna ci offrono tre interpretazioni apparentemente diverse del significato della Pasqua. Ma non si tratta semplicemente di una prospettiva cronologica, di un cambiamento nel significato dell’evento raccontato. Dal Libro dell’Esodo alla Lettera ai Corinzi di Paolo e al Vangelo di Giovanni, assistiamo infatti allo svelamento dello stesso mistero. È come se la profondità misteriosa di ciò che ci viene rivelato diventasse sempre più esplicita. Nel libro dell’Esodo, la cena pasquale è intimamente legata a due dimensioni essenziali della storia di Israele. Da un lato, si tratta dell’uscita dall’Egitto con urgenza e precipitazione, dall’altro la salvezza offerta dal Signore al suo popolo che viene miracolosamente risparmiato, grazie al sangue dell’agnello pasquale. Il passaggio di Dio nella storia dell’umanità è vissuto, tuttavia, in modo contraddittorio. Per alcuni è inteso come un segno di vita e di liberazione, mentre per altri è fonte di tragedia e di morte.

In un certo senso, ritroviamo questa ambiguità nei due passi del Nuovo Testamento che abbiamo appena ascoltato. Sia il racconto della lavanda dei piedi che la descrizione dell’istituzione dell’Eucaristia riprendono, a loro modo, questa contraddizione fondamentale tra vita e morte, dolore e liberazione, elezione e abbassamento. La rivelazione biblica si svolge tra la nostra logica e le nostre rappresentazioni. La vera grandezza del Signore si esprime nell’abbassamento e nel dono di sé; la vera vita si esprime nell’offerta del sacrificio liberamente accettato.

Senza dubbio è questa apparente incoerenza che fa indietreggiare Pietro e reagire istintivamente a ciò che Gesù vuole fare. Nel rifiuto spaventato di Pietro: “Non mi laverai i piedi, no, mai”, troviamo in germe tutte le resistenze e ribellioni umane. Dio non può chiederci questo! Questo è troppo, supera i limiti. Allo stesso modo, anche il mistero eucaristico nella sua incredibile semplicità: “questo è il mio corpo”, “questo è il mio sangue”, offende la nostra sensibilità e scandalizza la nostra mente. Può Dio abbassarsi così tanto da venire a noi in questo pezzo di pane? Pane spezzato, corpo spezzato, Signore umiliato?

Il mistero del Giovedì Santo, nel rivelarci l’incommensurabile amore di Dio per noi, raggiunge dolorosamente i nostri limiti e le nostre paure. Perché un simile amore supera da ogni parte ciò che ci sembrerebbe degno di Dio e ragionevole per l’uomo. San Paolo ne ha mirabilmente riassunto il contenuto e la profondità, in una delle sue formule di cui ha il segreto: “scandalo per i Giudei, follia per i Gentili”! Scandalo e follia anche oggi, per molti di noi!

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5.a Domenica di Quaresima – B

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Questo è quel chicco di grano che una
terra vergine e non arata ha prodotto.
Per l’immensa moltiplicazione di questo
chicco sono stati riempiti tutti i granai
della Chiesa. Da questo chicco di grano
si impasta quel pane, del quale il Signore
stesso dice: Io sono il pane vivo, disceso dal cielo.
S. Bruno di Segni, Dal Commento a Giovanni II, 36