G. Masturzo, A 40 anni dalla beatificazione della Beata M. Gabriella Sagheddu

G. Masturzo, A 40 anni dalla beatificazione della Beata M. Gabriella Sagheddu

40 anni segnano una tappa importante. Un numero significativo per la maturità di ogni vita ed esperienza e quindi anche quella della santità riconosciuta dalla Chiesa. E’vero che i santi affascinano e il loro fascino si rinnova nel tempo, e vediamo che in questi 40 anni l’interesse per la Beata M Gabriella si è esteso, ma anche e si è trasformato rispetto agli inizi. Notiamo rispetto agli inizi un certo calo di interesse da parte di quanti la seguivano per la sua vocazione ecumenica, perché anche se la chiamata all’unità è una vocazione che resta al cuore della chiesa, quello che si definisce “ecumenismo spirituale” in alcuni contesti ha perso di slancio e oggi si punta maggiormente sugli scambi nelle relazioni interconfessionali o su temi come il dialogo o le iniziative ecologiche riguardo al pianeta.

Gabriella pur restando legata per l’offerta della sua vita all’unità dei cristiani ha aperto nuovi percorsi e raggiunge moltissime persone. Lo si può dire a ragione se si guarda al numero delle lettere che ricevo per lei, delle richieste di preghiera, e delle testimonianze di grazie tra le quali ci auguriamo che presto ne accada una che ci consenta di provare il miracolo, quando il Signore vorrà glorificare la sua serva.

Dal 2015 seguo la causa della Beata M Gabriella e vedo quanto sia forte il richiamo della santità. Tanti fedeli vengono qui una prima volta per caso, oppure leggono le lettere della Beata o trovano casualmente una sua immagine e iniziano a seguirla, a volerla conoscere meglio, a pregarla. All’inizio non sanno nemmeno perché, un moto di simpatia, un’attrazione non valutabile immediatamente. E poi ritornano, scrivono, chiedono libri o immaginette, la presentano agli amici come una figura interessante, una compagnia preziosa a cui si desidera restare uniti. C’è addirittura chi l’ha sognata e l’ha cercata prima ancora di conoscerla venendo al monastero. C’è in questo una grazia che la precede quando il Signore provvidenzialmente prepara l’incontro. Ricordo Maria Grazia, la mamma di Bruno, un bambino con un grave ritardo e un problema definito autistico. Lei una notte sognò una suora che le diceva di andare a Vitorchiano. Era un nome che sentiva per la prima volta e che dovette cercare sulla mappa. E Chiara la mamma di Mele il bambino pittore affetto da encefalopatia mitocondriale. Chiara conobbe la Beata perché in parrocchia usavano fare una pesca di biglietti con i nomi dei santi che avrebbero accompagnato i parrocchiani durante l’anno. Pescò il nome della Beata Gabriella e iniziò a cercare chi fosse e iniziò la sua amicizia con noi. Ma anche Gaetano, un simpatico parrucchiere di Como che trovò un’immaginetta della Beata su uno zerbino andando a fumare una sigaretta fuori dal negozio. Desiderando avere un figlio iniziò a pregare Gabriella e dopo un pellegrinaggio a Dorgali fu esaudito. Di storie così ce ne sono parecchie nel nostro archivio.

Certo attrae il suo viso giovane, la sua storia che si è consumata in una vita di appena 25 anni, la semplicità e concretezza che si trova nelle sue poche lettere alla mamma, al confessore, alla badessa. Cresce il fascino quando si scopre la sua radicale offerta, nata in un cuore che ha lottato per lasciare il proprio progetto ed entrare nella missione che il Signore voleva condividere con lei. La si vuole come amica perché immediatamente ci si fida di lei, di una che non mente, che dice pane al pane e vino al vino. Per cogliere un esempio di quanto dico sulla sua schiettezza si può andare alla sua giovinezza quando si rifiutava di frequentare l’Azione Cattolica e quindi la Chiesa perché diceva: “è una cosa seria”. Finché non fosse anche stata “seria” in quel rapporto preferiva continuare la sua vita fatta anche di giochi di carte e di romanzi.

La vita l’ha messa infine alle strette, si è mostrata in sé una cosa seria con la morte del papà e della sorella più piccola, e Maria l’abbracciata con tutta se stessa. E’il dato che possiamo chiamare la sua prima conversione e che l’ha portata a vivere con fedeltà la compagnia ecclesiale, l’Azione Cattolica nella parrocchia di Santa Caterina a Dorgali, la disponibilità a seguire la parola del suo parroco, e la decisione di donare tutta se stessa nella vocazione.

É questa sua autenticità che attrae molti: e tra i tanti voglio citare oltre ai tanti fratelli del nostro Ordine, i nostri amici anglicani di Mirfield. Ci sono poi i nuovi amici e tra questi Marco, un brillante medico romano che a poco più di 40 anni è rimasto paraplegico a causa di un incidente stradale. Ha ascoltato l’omelia di un sacerdote che ricordava l’offerta della Beata Gabriella e con una macchina attrezzata insieme a sua moglie è venuto a cercarla.

Marco e Monica ad ogni festa liturgica mandano una breve composizione scaturita dalla loro lettura delle “Lettere” e con grande sacrificio due o tre volte l’anno vengono per una visita alla cappella e vogliono pregare davanti all’urna avendo composto una preghiera propria per l’occasione. Spesso mi dicono che la conversione che ha voluto Maria Sagheddu per sé la chiedono per la loro vita, perché sia piena e lieta come la sua.

So che ci sono molte domande sul fatto che in quaranta anni ed una fama di santità così diffusa non si sia ancora avuto un vero e proprio miracolo per la canonizzazione. Colpa dei postulatori? Posso dire che dopo Padre Paolino e Dom Armand, sia Madre Augusta sia io siamo state attente a non farci fuggire l’occasione della canonizzazione, facendo esaminare le documentazioni da medici specialisti. … segue

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