E. FITZGERALD, LA CASA GENERALIZIA E IL CORONAVIRUS

E. FITZGERALD, LA CASA GENERALIZIA E IL CORONAVIRUS

27 marzo 2020

 

Cari fratelli e sorelle,

Alcuni di voi hanno gentilmente espresso il loro interesse e la loro preoccupazione per noi della Casa Generalizia e per il modo in cui stiamo affrontando la situazione, visto che viviamo in Italia, l’attuale epicentro della pandemia del Coronavirus e delle sue conseguenze mortali. Sono felice di poter dire che stiamo andando bene, tutti e dodici che risiediamo qui, per quanto ne sappiamo, anche se alcuni sono più preoccupati di altri.

La vita qui scorre normalmente per quanto riguarda la giornata monastica e l’orario, ma la grande differenza è che siamo tutti presenti nella Casa nello stesso momento a causa delle restrizioni introdotte due settimane fa dal governo con un decreto giustamente intitolato “Io resto a casa! “E questo è quello che stiamo facendo! Non abbiamo scelta: le uscite sono consentite solo per necessità reali (cibo e medicine), per lavori essenziali e per particolari motivi personali. I controlli sono effettuati dalla polizia ed è necessario disporre di un documento ufficiale che giustifichi il motivo del viaggio.

Il nostro cellerario, fratello Javier, che va a fare rifornimento una volta alla settimana, è stato fermato ai posti di blocco della polizia mentre andava e tornava da un recente giro di compere.  Quindi l’applicazione delle restrizioni viene presa sempre più sul serio. Lo vedo solo guardando fuori dalla finestra e osservando che il parcheggio è completamente vuoto. Normalmente, nei giorni lavorativi, è affollato da circa 150 a 200 auto. Ora non c’è una sola macchina da vedere. Ogni giorno è come una domenica! L’obiettivo è, naturalmente, quello di ridurre il contatto umano e il rischio di trasmissione del virus. Le università sono chiuse, quindi i nostri due studenti (Padri Maxi e Antonio de Rawaseneng) lavorano da casa mentre l’Abate generale e i suoi consiglieri sono bloccati! Ma abbiamo abbastanza lavoro per occuparci utilmente…

L’epicentro del Coronavirus in questo paese è il Nord Italia e, in particolare, la regione Lombardia, che dista circa 5-6 ore di macchina dal nostro paese. Vivendo nelle ultime settimane con il cielo azzurro e il sole splendente alla finestra, sembra strano sentire la devastazione che il Coronavirus  sta scatenando a poche ore di macchina da qui. Il numero di morti al giorno in Italia è di circa 600-700, la maggior parte dei quali avviene al nord. Sentiamo parlare dell’eroico lavoro, 24 ore su 24, di medici, infermieri, personale ospedaliero, clero, autorità religiose, civili e persino dell’Esercito, che si danno (e in alcuni casi danno la vita-33 medici sono morti) al servizio delle persone colpite. Ci si sente piccoli di fronte a tale sacrificio, compassione e solidarietà.  Tre urrà per l’umanità!

Qualche giorno fa, alcuni di noi hanno visto un breve videoclip sulla città di Bergamo (città natale di Papa San Giovanni XXIII). Abbiamo visto 15 grandi camion dell’esercito pieni di bare che portavano i morti dopo il tramonto in altre città e province, perché né i cimiteri né i crematori di Bergamo potevano far fronte al numero dei morti! È stato un macabro ricordo dell’entità della perdita di vite umane e della lotta di coloro che combattono contro il virus e della sofferenza di coloro che sono in lutto, separati dai loro cari nella sofferenza e nella morte.

Il Coronavirus è esploso nel nostro mondo e ha sconvolto i piani dei leader e delle nazioni, così come il nostro piccolo mondo monastico, in un modo per cui nessuno era preparato. Le nostre agende di incontri, le visite regolari, i piani di viaggio, anche le visite in ospedale, i progetti comunitari o semplicemente la vita quotidiana della comunità sono andati fuori controllo. Molti di noi possono sperimentare la clausura in un modo che era noto solo a coloro che vivevano nel monastero trenta o quarant’anni fa! Siamo stati spinti fuori dalla nostra zona di benessere e chiamati a renderci conto in modo totalmente nuovo della fragilità della nostra vita e del poco controllo che abbiamo su di essa.

Ora abbiamo una nuova terminologia: si parla di “distanza sociale” per riferirsi al mantenimento di una distanza di sicurezza l’uno dall’altro, per evitare di trasmettere o contrarre il Coronavirus! Possiamo vedere la disputa tra le nazioni del mondo, la lotta per proteggere la nostra terra e allo stesso tempo il desiderio di collaborare con gli altri. Stiamo chiudendo le nostre frontiere e allo stesso tempo abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Vogliamo trovare una cura e stiamo lavorando con gli altri, eppure vogliamo quella cura prima di tutto per noi stessi, se riusciamo a raggiungerla. Viviamo in una situazione di crisi e in un momento decisivo per l’umanità. Abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio. E dobbiamo anche incoraggiarci l’un l’altro, come dice San Paolo. Gli italiani, almeno in alcune delle zone più povere, fanno un po’ di questo cantando e facendo musica dai loro balconi per rallegrarsi a vicenda. Un po’ di questo è successo anche alla Casa.

Domenica pomeriggio, 15 marzo, Papa Francesco ha compiuto un breve “pellegrinaggio” all’Icona di Nostra Signora Salvezza del Popolo Romano presso la Basilica di Santa Maria Maggiore, e poi ha visitato la croce miracolosa nella chiesa di San Marcello, sempre a Roma. Questa croce fu portata in città nel 1522 per porre fine alla grande peste. Papa Francesco si recò lì per pregare per la fine di questa pandemia, per la guarigione dei malati, per una pace duratura per i morti e per il conforto di chi è in lutto. Ha incoraggiato l’uso della preghiera che ha recitato in quell’occasione per le nostre attuali circostanze. Vivendo a Roma, abbiamo preso l’abitudine, qui alla Casa, di recitare insieme la preghiera allegata dopo i vespri e poi passare qualche momento di silenzio. Pensiamo che sia un bene farlo e confidiamo che sia una bella sensazione.

Così ora avete una piccola finestra sulla nostra vita attuale alla Casa. Grazie per il vostro interesse. Mettiamoci con fiducia nelle mani di Dio e preghiamo insieme per il benessere di tutti, e soprattutto per la fine della pandemia del Coronavirus e la guarigione dei mali che ha portato alla vita di tante persone.

Con le nostre preghiere fraterne e gli auguri,

Nella solennità dell’Annunciazione del Signore,

Questo 25 marzo 2020.

Eamon Fitzgerald

Abate generale O.C.S.O.

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