In Memoria di Benedetto XVI
Nella vita della Chiesa, ci sono sempre tre dimensioni del tempo che si mescolano, a volte in modo inestricabile, e che spesso sono difficili da discernere. In primo luogo, c’è il flusso continuo di eventi che sembrano accadere sempre più rapidamente, grazie ai media che ce li trasmettono continuamente. É il tempo del giornalismo, il tempo degli scandali e dei successi che si susseguono a velocità sfrenata. Questo momento della comunicazione non consente la riflessione, ma si concentra sulla descrizione degli eventi allo stato grezzo, a volte con una certa distorsione. E bisogna ammettere che questa dimensione primaria del tempo non era quella in cui Benedetto XVI era più a suo agio.
Uomo di studio e di erudizione, di riflessione a lungo termine e di preghiera contemplativa, il Papa emerito era più a suo agio nella dimensione secondaria del tempo. Questo tempo di libri e di meditazione prolungata implica un’analisi molto fine degli eventi, al di là della scorza e dell’apparenza delle cose. Benedetto XVI, in virtù della sua formazione e della sua intelligenza, era l’uomo del tempo lungo, dalla lenta maturazione delle idee. Le sue catechesi del mercoledì sono un tesoro straordinario che testimonia questa lenta appropriazione, questa digestione dei grandi movimenti della storia. Sapeva esprimere con poche e semplici parole, comprensibili a tutti, cose spesso molto complicate e piene di sottigliezze.
Ma a questo tempo lungo, il Papa emerito aveva collegato anche un’altra dimensione del tempo, quella dell’eternità. Benedetto XVI, infatti, non solo ha saputo analizzare i sussulti degli eventi alla luce dei movimenti profondi della storia umana, ma ha anche saputo collocarli nel grande slancio della storia della salvezza, quella storia che va dalla creazione alla fine dei tempi e che tesse il suo tessuto segreto nel cuore stesso delle realtà di questo mondo. Questa dimensione è propriamente il luogo della Chiesa, anche se è coinvolta nelle altre sfaccettature dello scorrere del tempo.
Ed è senza dubbio in questo senso che Benedetto XVI è uno di quei grandi Dottori della Chiesa che, nel corso dei secoli, hanno saputo esprimere questa profondità della realtà umana, al di là delle apparenze e delle mode che così spesso catturano la nostra attenzione. Senza negare l’importanza dei fatti, ha aperto una finestra su quell’altra prospettiva che mette ogni cosa al suo giusto posto. Meditando su Gesù di Nazareth, non solo ci offre la chiave universale per comprendere la storia, ma anche uno strumento per discernere oggi tra ciò che è temporaneo e ciò che rimane per sempre.
Come in ogni epoca, e forse più che nelle epoche precedenti, il nostro mondo rischia sempre di precipitare nella frenesia e nell’agitazione isterica. Benedetto XVI ci offre quella capacità di presa di distanza, di intelligenza, di profondità che spesso manca nelle nostre società, e purtroppo anche nella Chiesa. A volte ci vuole molto tempo e soprattutto una certa umiltà per capire la ricchezza e la bellezza di un patrimonio. Abbiamo bisogno di questi maestri che illuminano e svelano umilmente la realtà. Con Benedetto XVI, il Signore ci ha dato un tale maestro. Rendiamo grazie per questo dono e ringraziamolo, senza lasciarci trasportare da inutili polemiche!