*Elaborato per l’esame del corso I grandi mistici moderni: un panorama di varie configurazioni tra spiritualità, cultura e vita – Prof. B. SAWICKI
Contributi di alcuni monaci del XX secolo:
Columba Marmion, Anselm Stolz, Thomas Merton, Monaci di Thibirine
Columba Marmion: una rinnovata sequela di Cristo
Nell’introduzione al suo libro Fabula Mistica, Michel De Certeau elabora una sintesi degli aspetti caratterizzanti la mistica moderna (XVI-XVII secolo), descritta come un’esperienza di Dio connotata da incomunicabilità e inaccessibilità, che si esprime con un linguaggio da interpretare e che in qualche modo si distacca da una vita cristiana “ordinaria”. Con tali caratteristiche ancora oggi l’immaginario collettivo descrive la categoria di “mistica”.
La teologia – soprattutto nell’ambito monastico – nel XX secolo ha cercato invece di considerare e soprattutto vivere l’esperienza mistica come “perfetta maturazione della grazia e della vita divina che riceviamo nel battesimo e negli altri sacramenti”.
Dom Columba Marmion (1858–1923), sacerdote diocesano e poi monaco e abate dell’Abbazia di Maredsous (Belgio) potrebbe essere ritenuto come uno dei primi rappresentanti di questa svolta, con cui la vita mistica diviene “proposta” per ogni battezzato. Sicuramente la riflessione di Dom Marmion risente del clima culturale e spirituale del suo tempo, in particolare del recupero della teologia tomista e del primo sviluppo dei movimenti liturgico, biblico e patristico, che attraverso il “ritorno alle fonti” riportano la teologia ad un approccio cristocentrico.
Nell’opera Cristo vita dell’anima, che ha segnato la formazione spirituale di generazioni di cristiani, Dom Marmion fornisce delle indicazioni concrete per camminare verso la meta della vita cristiana.
Il nostro autore dà inizio alla propria riflessione a partire dal tema della predestinazione universale alla santità, così come è descritta negli inni cristologici paolini (in particolare Ef1), e dall’esperienza mistica dello stesso San Paolo, descritta in 2Cor 12,1-5. L’Apostolo ha ricevuto la grazia del “rapimento” al terzo cielo per «far conoscere questo disegno eterno, stabilito da Dio stesso per effettuare la santità delle anime nostre».
Per arrivare a questo fine, occorrono però due premesse: anzitutto comprendere quale sia l’idea divina della santità per evitare di “camminare a caso”, e – per arrivare a questo – conoscere Dio.
La conoscenza di Dio non è possibile all’uomo se non per un atto di rivelazione di Dio stesso, così come appunto è avvenuto con il cristianesimo. La Rivelazione, attraverso l’Incarnazione, rende all’uomo – figlio di Dio – la vita divina: Cristo è perciò definito “vita dell’anima” poiché è sorgente, mediatore e dispensatore della vera vita dell’uomo. La comunicazione di questa vita avviene nella Chiesa.
All’uomo è chiesto di partecipare alla santità di Dio allontanando tutto ciò che le è contrario e aderendo al Bene perfetto, cioè alla fedeltà e all’amore immutabili con cui Dio ci ama: santità è entrare nel dono incessante dell’amore di Dio, e così essere a Lui uniti.
Questa santità, destinata all’uomo, è stata deposta nell’umanità di Cristo, a cui dobbiamo attingere e che dobbiamo imitare. Cristo è per noi:
– causa esemplare, ossia modello di perfezione sia nella sua persona/stato di Figlio di Dio, sia nelle opere: è Dio perfetto e uomo perfetto;
– causa satisfactoria e meritoria, cioè artefice della nostra redenzione: solo la sua sofferenza portata liberamente e per amore, sofferenza di un uomo-Dio, ci ha ottenuto la redenzione;
– causa efficiente di ogni grazia: è per mezzo di Cristo che è donata all’uomo la grazia. Talvolta la grazia santificante può essere effusa direttamente nell’anima; ordinariamente viene ricevuta attraverso i sacramenti: «I sacramenti sono, secondo la dottrina data dalla Chiesa, i canali ufficiali creati autenticamente da Cristo per farci giungere fino al Padre suo». Accanto ai sacramenti, è possibile per noi entrare in contatto con Cristo attraverso la fede: «Ogni volta che, all’infuori dei sacramenti, noi ci avvicineremo a Cristo, una forza, una virtù divina uscirà da Lui e penetrerà nelle anime nostre per illuminarle, per aiutarle. Il mezzo di avvicinarsi a lui voi lo conoscete: è la fede. Per mezzo della fede noi tocchiamo Cristo e, a questo contatto divino, a poco a poco l’anima nostra si trasforma».
L’Abate poi continua: «Cristo è venuto tra noi per farci partecipi di tutte le sue ricchezze, di tutte le sue perfezioni e delle sue virtù, poiché tutto ciò che egli ha appartiene a noi. Tutto è per noi. Ogni azione di nostro Signore è per noi non soltanto un modello, ma una sorgente di grazie».
L’opera prosegue con altri capitoli che declinano queste premesse nella vita del “comune fedele”: la necessità di vivere nella Chiesa, Corpo mistico di Cristo; l’azione dello Spirito Santo, che permette di divenire una cosa sola in Cristo; la fede e il Battesimo, che presuppongono la morte al peccato e generano la “vita per Dio”. Questa vita nuova si esprime nella verità e nella carità, cresce per mezzo dei sacramenti e sfocia nell’azione di grazie, ossia nella vita di preghiera. Il cammino del cristiano, posto sotto la protezione della Vergine Maria, termina con la partecipazione alla gloria di Cristo. (SEGUE)