Bernardus Peeters, Omelia per i funerali di Dom Godefroy Raguenet

Bernardus Peeters, Omelia per i funerali di Dom Godefroy Raguenet

ABBAZIA N.D. D’ACEY
(Dt. 4,32-40; Mt. 16,24-28)

 

Cari Fratelli e Sorelle,

Nel Vangelo di oggi ascoltiamo parole dure e difficili da parte di Gesù. Esse ci richiamano le «cose dure e che contrariano» che San Benedetto evoca parlando del quarto grado dell’umiltà (RB 7, 35) e grazie alle quali si arriva a Dio (RB 58, 8). Dura e contrariante è la morte di Dom Godefroy. Tutti noi cerchiamo di comprendere, dopo questa funesta caduta e il suo fatale risultato, chiedendoci: che senso ha? Perché tutto questo? Cosa ha da dirci, Dio, con questa morte così dura e sconvolgente?

Per Dom Godefroy il destino duro e contrariante dei fratelli di Tibhirine è stato «la voce di Dio che parla di mezzo al fuoco» (Dt. 4,33) il luogo in cui Dio gli aveva parlato personalmente perché donassi anche lui il soffio della sua vita in offerta. Lui ha udito e ha risposto a questa chiamata nel suo desiderio di «essere un uomo di preghiera in mezzo ad uomini di preghiera». Ma Dio aveva altri progetti. E’ stato chiamato qui, in questo luogo, al servizio dei suoi fratelli per essere loro padre e costruire qui una comunità. «Cerco i miei fratelli» (Gn. 37,16), questo è stato il suo motto nel servizio abbaziale, come un segno concreto dell’offerta del suo respiro.

Il mattino della sua partenza per la Svizzera – per godersi un ben meritato risposo – Dom Godefroy aveva spedito un lungo articolo a Madame Marie-Dominique Minassian. Vi trattava del processo di discernimento nella comunità di Tibhirine e del suo significato oggi.

(https://projects.unifr.ch/tibhirine/fr/assets/public/files/AcademicPress_T3_SeminaireUNIFR-2023_FrGodefroy.pdf)

Senza volerlo, Dom Godefroy ne ha fatto una specie di testamento spirituale. La settimana precedente aveva portato a termine, insieme a Md. Martha d’Acque Salvie, una Visita Regolare estremamente complessa all’Abbazia di Mount Saint Bernard, in Inghilterra. Là aveva messo in pratica proprio questa concezione del discernimento che richiamava nel suo articolo. Non in maniera cosciente, ma perché questo modo di pensare, ossia questa «grazia dei nostri Fratelli di Tibhirine» aveva messo radici dentro di lui. Ciò potrà oggi aiutarci a discernere l’essenziale in questa morte dura e contrariante, di modo che possiamo sentire ciò che il Signore ha da dirci con la scomparsa di Dom Godefroy. La comunità di Tibhirine gli aveva insegnato che un buon discernimento è caratterizzato da un triplice ascolto: l’ascolto della Parola, l’ascolto dei fratelli, l’ascolto delle circostanze. Oggi cerchiamo di fare lo stesso, per scoprire che anche questa morte «è compresa nel dono», come si esprimeva Padre Christian de Chergé.

Ascoltando la Parola noi sentiamo oggi queste parole misteriose di Gesù: «In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno» (Mt. 16,28). Si tratta della venuta di Cristo e della sua attesa imminente, come hanno vissuto i primi cristiani? O parla della sua Trasfigurazione, così come la descrive l’evangelista nel capitolo seguente? Oppure si tratta della terza venuta, la venuta intermedia ricordata da San Bernardo, in cui il Signore si degna di farci visita nel nostro «interim» in momenti inattesi? (Adv. V, 1-3)

Ascoltando questa Parola, illuminata dalla luce del carisma cistercense, potremo sentire un’immensa consolazione. Noi siamo autorizzati a ritenere che, già prima della sua morte, Dom Godefroy ha visto e sperimentato la Gloria del Figlio dell’Uomo. Prendere la propria croce, rinnegare se stessi, questo ci prepara a fare l’esperienza, qui e ora, del «potere regale del Figlio dell’Uomo». E tale potere regale altro non è che quello del Servo. Perché Gesù «non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20, 28). Noi osiamo credere che le mani pietose del Buon Samaritano hanno raccolto Godefroy per curarlo e fargli gustare l’ospitalità del cielo. Ascoltare questa Parola ci aiuta ad addolcire questa morte tanto dura e amara; essa spalanca la porta della Fede. Una Fede che ci assicura che, quando cadiamo, noi cadiamo nelle mani del nostro dolce Signore.

Ascoltiamo anche i fratelli d’Acey. La morte improvvisa e incomprensibile del loro padre colpisce questa comunità nella vita concreta di ogni giorno. Essa colpisce anche l’Ordine, essa colpisce i suoi amici e la sua famiglia. Attraverso la sua morte traspare il motto di Dom Godefroy: «Cerco i miei fratelli». É duro e incomprensibile il fatto che sia morto senza la presenza fisica dei suoi fratelli. Ma questo vincolo di fraternità è sempre presente, perché noi preghiamo continuamente per i fratelli assenti. Nonostante la sua solitudine, un monaco muore sempre in mezzo ai suoi fratelli. Questa posizione di apertura verso i fratelli aiuta ad addolcire l’aspetto duro e amaro di questa morte. Essa ci apre la porta della Fiducia, la Fiducia che noi tutti, quando cadiamo, cadiamo nelle mani del Signore.

Ascoltiamo ora le circostanze. La vita monastica di Dom Godefroy è contrassegnata dalla testimonianza dei fratelli di Tibhirine. Essi hanno trovato la morte in montagna, secondo alcuni uccisi dai fratelli della montagna, secondo altri dai fratelli della pianura. La montagna collega la morte di Dom Godefroy a quella dei fratelli di Tibhirine. Ma ciò che unisce assai più fortemente del luogo di questa morte dura e incomprensibile è il dono delle loro vite nella solitudine, seguendo in questo modo il loro Maestro, Gesù. «Chi avrà perso la sua vita a causa mia, la custodirà per la vita eterna» (Mt 16, 25). Ascoltando le circostanze noi possiamo essere consolati anche qui, sentendo la Parola di Gesù: «In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno» (Matt. 16,28). É la speranza che, quando noi cadiamo, cadiamo nelle mani benevole di Dio.

Ascoltando la Parola, ascoltando i fratelli, ascoltando le circostanze, noi cerchiamo di discernere come questa morte non sia soltanto dura e incomprensibile, ma che, attraverso di essa, scaturisca il fuoco nel quale il Signore ci parla, che attraverso di essa nasce l’esperienza del potere regale del Figlio dell’Uomo. Così noi saremo in grado di scoprire nella sua pienezza, la Fede, la Fiducia e la Speranza, per Dom Godefroy ma anche per noi stessi: quando noi cadiamo, noi cadiamo nelle mani di Dio.

Verso il Natale del 1992 i fratelli di Tibhirine scrivevano: «la Fiducia è il dono di Dio che dovremmo domandare, in questi tempi di oscurità. Perché la Fiducia è il nome incommensurabile che l’Amore prende quaggiù, in questo mondo, quando la Fede e la Speranza si uniscono per farla nascere».

Preghiamo che questo dono divino della Fiducia possa essere pienamente concesso a Dom Godefroy, e anche qui a ciascuno e ciascuna di noi. Cari fratelli della comunità d’Acey, voi perdete il vostro padre in un modo duro e incomprensibile, ma io aggiungo: non perdete la Fiducia! Che la Fede e la Speranza si uniscano nella Fiducia in Dio e in ciascuno dei vostri fratelli.

11 Agosto 2023
Dom Bernardus Peeters
Abate Generale OCSO

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