B. Doni, Un pontificato “teologale”

B. Doni, Un pontificato “teologale”

Quello di Papa Benedetto XVI potremmo forse definirlo un pontificato “teologale”. Prima di tutto per le sue encicliche sulle virtù teologali: sulla carità (Deus caritas est; Caritas in veritate); sulla speranza (Spe salvi); e sulla fede (Lumen fidei: enciclica da lui preparata ma rivista e fatta propria da Papa Francesco). Con esse Papa Benedetto ha voluto ravvivare e approfondire il movimento fondante della Chiesa, la sua orientazione ultima a Dio, dispiegandone le tre dimensioni originarie attestate già nel Nuovo Testamento, ma invertendone l’ordine, partendo dall’amore, prima quello verticale in Dio e di Dio (Deus caritas est), poi quello orizzontale nella società (Caritas in veritate), passando per la speranza oggi tanto minacciata, e concludendo con la fede che sola può ridare luce al mondo immerso nelle tenebre. Non solo però egli ha illustrato in modo profondo e attuale questi tre modi fondamentali di tendere a Dio, ma ha anche illuminato il suo stesso volto di amore che ci attira a sé.

Teologale infatti è il movimento con cui si tende direttamente a Dio, il cui oggetto è Dio stesso nella sua rivelazione. Dio però si rivela non come oggetto, ma come soggetto amante, nella sua Trinità di amore, che infonde in noi queste potenzialità, queste virtus, per andare a Lui, perché l’uomo va a Dio solo per mezzo di Dio. Quindi teologale è il movimento dell’uomo, donato da Dio, per tendere verso Dio, che perciò ha Dio come soggetto da cui scaturisce e come oggetto in cui sfocia.

Questa profonda visione teologale di Papa Benedetto si è espressa non solo nelle sue encicliche, ma in tutto il suo magistero, imprimendo a tutto il suo insegnamento un alto spessore teologico, un profondo respiro teologale, che viene da Dio e porta a Dio. L’uomo, la fede, la Chiesa, il mondo, la storia … sono da lui sempre visti e compresi in relazione a Dio, a partire da Dio e in vista di Dio.

Di questo respiro teologale del pontificato di Papa Benedetto XVI possiamo forse indicare altre tracce importanti. La prima riguarda la ritrovata centralità della Parola di Dio esposta in modo ampio e profondo nell’Esortazione Apostolica Postsinodale Verbum Domini che riprende quanto emerso dal Sinodo dei Vescovi sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, sviluppando, approfondendo e aggiornando così l’insegnamento della Dei Verbum. E poi in alcuni importanti discorsi come quello al Collegio dei Bernardins, nel quale Papa Benedetto sottolinea come la ricerca e il desiderio di Dio richiedano e includano l’amore per la Parola di Dio come via per trovarlo. Il movimento teologale dell’uomo infatti, è fondato e nutrito dalla Parola di Dio ed è da lei generato come risposta al dono della Rivelazione. Questa centralità fondante della Parola di Dio, non è stata solo proclamata e spiegata da Papa Benedetto, ma anche esercitata, in una lettura sapienziale del patrimonio della fede di fronte alle sfide della storia.

Un’altra traccia del respiro teologale di Papa Benedetto possiamo vederla nel suo amore per la liturgia gustata nel suo aspetto di mistero sacro ricevuto e trasmesso dalla tradizione. Anche questo amore è stato da lui non solo insegnato teoricamente, ma vissuto e proposto praticamente. Questo duplice amore per la Parola di Dio e per la liturgia nella quale si celebra e si mette al centro l’opera di Dio invece di quella dell’uomo (che cosa c’è di più teologale?), fanno parte del suo profondo anelito monastico, che sempre lo ha caratterizzato e che ha potuto vivere e coltivare pienamente nei suoi ultimi anni di vita nel monastero vaticano Mater Ecclesiae. E non è forse l’anelito monastico, fondato sulla ricerca di Dio, costitutivamente teologale per vocazione?

Infine, un’ultima piccola ma significativa traccia di questo carattere profondamente teologale del magistero di Papa Benedetto possiamo riconoscerla in quel passaggio fondamentale del suo libro su Gesù di Nazaret, quando formula una domanda sorprendente nella sua semplicità: «Che cosa ci ha portato Gesù veramente?» Ed ha risposto: «Ha portato Dio /…/ ora noi conosciamo il suo volto, ora noi possiamo invocarlo. Ora conosciamo la strada che, come uomini, dobbiamo prendere in questo mondo. Gesù ha portato Dio e con Lui la verità sul nostro destino e la nostra provenienza». (BENEDETTO XVI, Gesù di Nazaret, Rizzoli 2007, p. 67.) Anche Gesù e il suo dono è riletto in senso teologale: ci porta Dio e ci fa andare a Dio. Rendiamo grazie per questo respiro teologale che Papa Benedetto ha cercato di ridonare alla Chiesa, e facciamone tesoro vivendolo e testimoniandolo, come lui stesso ci invita a fare: «Ciò di cui abbiamo soprattutto bisogno in questo momento della storia sono uomini che, attraverso una fede illuminata e vissuta, rendano Dio credibile in questo mondo … Abbiamo bisogno di uomini che tengano lo sguardo dritto verso Dio, imparando da lì la vera umanità. Abbiamo bisogno di uomini il cui intelletto sia illuminato dalla luce di Dio e a cui Dio apra il cuore … Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio può far ritorno presso gli uomini» (JOSEPH RATZINGER, L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture, Cantagalli 2005, pp. 63-64).

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