Elisabetta dice a Maria:
«Perché a me sei venuta, Madre del mio Signore?
Se l’avessi saputo, sarei uscita a te incontro.
Tu porti in grembo il Re dell’universo, io solamente un profeta;
tu colui che dà la legge, io colui che la osserva; tu la Parola che salva,
io la voce che ne proclama l’avvento».
Cfr. Lc 1, 43
Dite alla figlia di Sion: Ecco, arriva il tuo Salvatore.
Is 62, 10 – 63, 3b SALMO RESPONSORIALE
Sal 71 (72), 3-4. 6-7b. 17b-19 EPISTOLA
Rallegratevi, il Signore è vicino.
Fil 4, 4.9 CANTO AL VANGELO
(Lc 1, 38) VANGELO
Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Lc 1, 26-38a PREGHIERA DEI FEDELI
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COMMENTO AL VANGELO
DOM PROSPER GUERANGER
Da L’anno liturgico
Questo è il saluto che reca a Maria l’Arcangelo disceso dal cielo. Tutto vi spira ammirazione e umilissimo rispetto. Il santo Vangelo ci dice che a quelle parole la Vergine si sentì turbata, e chiedeva a se stessa che cosa potesse significare simile saluto. Le Sacre Scritture ne riportano parecchi altri e – come notano i Padri, sant’Ambrogio e sant’Andrea di Creta seguendo Origene – che non ve n’è uno che contenga simili elogi. La Vergine prudente dové dunque stupire di essere l’oggetto di un linguaggio così lusinghiero, e – come rilevano gli autori dell’antichità – dové pensare al colloquio fra Eva e il serpente. Si chiuse dunque nel silenzio, e attese, per rispondere se l’Arcangelo avesse parlato per la seconda volta.
Tuttavia Gabriele aveva parlato non solo con tutta l’eloquenza, ma anche con tutta la profondità di uno spirito celeste iniziato ai pensieri divini; e nel suo linguaggio sovrumano annunciava che era giunto il momento in cui Eva si trasformava in Maria. Davanti a lui c’era una donna destinata alle più sublimi grandezze, la futura Madre di Dio; ma in quell’istante solenne Maria era ancora solo una figlia degli uomini. Ora, in quel primo stato, calcolate la santità di Maria quale la descrive Gabriele, e comprenderete che l’oracolo divino del paradiso terrestre ha già ricevuto in essa il compimento.
L’Arcangelo la proclama piena di grazia. Che cosa significa ciò, se non che la seconda donna possiede in sé l’elemento di cui il peccato privò la prima? E notate che non è detto solo che opera in essa la grazia divina ma che ne è ripiena. “In altri abita la grazia – dice san Pier Crisologo – ma in Maria abita la pienezza della grazia”. In essa tutto risplende della purezza divina, e il peccato non ha mai gettato la sua ombra sulla sua bellezza. Volete conoscere la portata dell’espressione angelica? Chiedetela alla lingua stessa di cui si è servito il narratore di simile scena. I grammatici ci insegnano che l’unico termine che egli usa sorpassa ancora quello che noi esprimiamo con “piena di grazia”. Non solo esprime lo stato presente, ma anche il passato, una incorporazione innata della grazia, la sua attribuzione piena e completa e la sua permanenza totale. È stato necessario mitigare il termine nel tradurlo.
Se poi cerchiamo un testo analogo nelle Scritture, per penetrare i termini della traduzione mediante un raffronto, possiamo interrogare l’Evangelista san Giovanni. Parlando dell’umanità del Verbo incarnato, egli la designa con una parola sola: dice che è “piena di grazia e di verità”. Ma questa pienezza sarebbe reale se fosse stata precduta da un solo momento in cui il peccato occupava il posto della grazia? Si chiamerà forse pieno di grazia chi avesse avuto bisogno di essere purificato? Senza dubbio bisogna tener conto rispettosamente della distanza che separa l’umanità del Verbo incarnato dalla persona di Maria nel cui seno il Figlio di Dio ha attinto quella umanità; ma il testo sacro ci costringe a confessare che la pienezza della grazia ha regnato proporzionalmente nell’una e nell’altro.
Gabriele continua ad enumerare le ricchezze soprannaturali di Maria. “Il Signore è con te”, le dice. Che cosa significa questo, se non che prima di aver concepito il Signore nel suo purissimo seno, Maria lo possiede già nell’anima sua? Ora, queste parole potrebbero forse ancora aver ragione di essere se si dovesse intendere che quella unione con Dio non è stata perpetua e che è avvenuta solo dopo l’espulsione del peccato? Chi oserebbe dirlo? Chi oserebbe pensarlo, quando il linguaggio dell’Arcangelo è di tanta gravità? Chi non sente qui il contrasto tra Eva nella quale non abita più il Signore, e la seconda donna che, avendolo ricevuto in se stessa come Eva, fin dal primo istante della sua esistenza, l’ha custodito con la sua fedeltà essendo rimasta così come fu fin dal principio?
Per ancor meglio l’intenzione del discorso di Gabriele che ha annunciato il compimento dell’oracolo divino e indica qui la donna promessa come strumento della vittoria su satana, ascoltiamo le ultime parole del saluto. “Tu sei benedetta fra le donne”: che cosa significa questo, se non che, essendo stata ogni donna, da Eva in poi, sotto la maledizione, condannata a partorire nel dolore, ecco ora l’unica, colei che è sempre stata nella benedizione, che è stata l’eterna nemica del serpente, e che darà senza dolore il frutto del suo seno?
L’Immacolata Concezione di Maria è dunque espressa nel saluto che le rivolge Gabriele; e comprendiamo ora il motivo che ha portato la santa Chiesa a scegliere quel brano del Vangelo per farlo leggere oggi nell’assemblea dei fedeli.