Venite, adoriamo:
prostriamoci a colui che ci ha creato
perché è nostro Signore e nostro Dio.
LETTURA
La condanna di Sòdoma e Gomorra.
Gen 18, 17-21; 19, 1. 12-13. 15. 23-29
Lettura del libro della Genesi
In quei giorni. Il Signore diceva: «Devo io tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare, mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? Infatti io l’ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui a osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore compia per Abramo quanto gli ha promesso». Disse allora il Signore: «Il grido di Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!». I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lostava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Losi alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra. Quegli uomini dissero allora a Lot: «Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo. Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandato a distruggerli». Quando apparve l’alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: «Su, prendi tua moglie e le tue due figlie che hai qui, per non essere travolto nel castigo della città». Il sole spuntava sulla terra e Loera arrivato a Soar, quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco provenienti dal Signore. Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo. Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato alla presenza del Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace. Così, quando distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
SALMO RESPONSORIALE
Sal 32 (33)
R/. Il Signore regna su tutte le nazioni.
Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
Ma il disegno del Signore sussiste per sempre,
i progetti del suo cuore per tutte le generazioni. R/.
Beata la nazione
che ha il Signore come Dio,
il popolo che egli ha scelto
come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo:
egli vede tutti gli uomini. R/.
Dal trono dove siede
scruta tutti gli abitanti della terra,
lui, che di ognuno ha plasmato il cuore
e ne comprende tutte le opere. R/.
EPISTOLA
Gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio.
1Cor 6, 9-12
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, non sapete che gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio? Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adùlteri, né depravati, né sodomìti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio. E tali eravate alcuni di voi! Ma siete stati lavati, siete stati santificati, siete stati giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non tutto giova. «Tutto mi è lecito!». Sì, ma non mi lascerò dominare da nulla.
CANTO AL VANGELO
(Mt 7, 21)
Alleluia, alleluia.
Non chiunque mi dice: «Signore, Signore»,
entrerà nel regno dei cieli,
ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.
Alleluia.
VANGELO
Il banchetto delle nozze del figlio del re.
Mt 22, 1-14
+ Lettura del Vangelo secondo Matteo
In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
PREGHIERA DEI FEDELI
Leggi
Fratelli e sorelle, a Dio, il Signore giusto e misericordioso, rivolgiamo fiduciosi le nostre invocazioni, perché ci renda degni di partecipare al suo festoso banchetto.
Ascoltaci, Signore.
– Per il Papa, perché, sostenuto dalla nostra carità sincera e premurosa, possa provvedere alle necessità dei fratelli più deboli e bisognosi: preghiamo. R.
– Per la società civile, perché agisca con giustizia e verità, difendendo la libertà di ogni uomo: preghiamo. R.
– Per noi, perché, impegnandoci seriamente nel discernimento interiore, sappiamo intuire e mettere in pratica la volontà del Signore: preghiamo. R.
Verso le tue creature, o Dio, tu preferisci la misericordia allo sdegno; vedi quanto siamo deboli e incerti e fa’ prevalere sulla nostra povertà la luce e la forza della tua grazia.
COMMENTO AL VANGELO
IPPOLITO DI ROMA
In Daniel. 3, 21-24
L’esempio di Daniele
Pertanto, “quando Daniele venne a conoscenza dello scritto”, accortosi che si trattava di un complotto contro di lui, tuttavia non ebbe paura, non si spaventò, perché era pronto ad andare in pasto alle fiere piuttosto che sottomettersi al decreto del re. Egli si ricordava dell’esempio che gli avevano dato i tre fanciulli. Poiché non avevano voluto prostrarsi davanti alla statua del re, essi erano stati salvati dalla fornace ardente. Rientrato a casa sua, aprì le finestre “del piano superiore, in direzione di Gerusalemme, e tre volte al giorno si inginocchiava e pregava continuando a far penitenza, come faceva prima”.
Bisogna contemplare la pietà del beato Daniele. Benché sembrasse molto occupato dagli affari del re, nondimeno si applicava alla preghiera quotidiana, rendendo “a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio” (Mt 22,21). Forse mi si potrà dire: E che? Egli non poteva, di giorno, pregare Dio nel profondo del cuore, e, di notte, raccogliersi nascostamente in casa sua, come voleva, senza correre pericolo? Sì. Ma lui non voleva. Se infatti avesse agito così, i ministri e i satrapi avrebbero potuto dire: Che vale il suo timor di Dio, dal momento che ha paura dell’editto del re e si sottomette ai suoi ordini? Ed erano pronti a portare contro di lui un motivo di accusa: il rimprovero di infedeltà. Questo lo fa l’ipocrisia: non così il timore e la fede in Dio. E fu perché non diede ai suoi avversari pretesto alla maldicenza: “Perché chiunque è sottomesso a un uomo, è suo schiavo” (2Pt 2,19).
In effetti, coloro che credono in Dio non sanno che farsene della dissimulazione, e non devono temere coloro che sono costituiti in autorità, se non commettono il male. Ma se vengono costretti, a causa della loro fede in Dio, ad agire diversamente, preferiscono morire spontaneamente piuttosto che fare ciò che è loro ordinato. E quando l’Apostolo dice che bisogna sottomettersi ad ogni “autorità costituita” (Rm 13,1), non allude a questo caso. Egli non domanda che rinneghiamo la nostra fede, né i comandamenti divini per eseguire gli ordini degli uomini, ma al contrario che, per deferenza verso l’autorità, non commettiamo alcun delitto, in modo da non essere castigati come malfattori. Ecco perché aggiunge: L’autorità è al servizio di Dio, contro coloro che fanno il male. “Vuoi non aver da temere l’autorità? Fa’ il bene e ne riceverai lode. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada” (1Pt 2,14 1Pt 2,20). Dunque l’Apostolo raccomanda, in tal modo, di sottomettersi a una esistenza santa e pia in questo mondo, e di avere davanti agli occhi il pericolo della spada. Anche gli apostoli, nonostante l’opposizione dei principi e degli scribi, continuavano tuttavia a predicare la parola e a obbedire a Dio piuttosto che agli uomini (Atti 4,18-20). Ecco perché i principi si infuriarono contro di loro e li chiusero in prigione. “Ma durante la notte un angelo li condusse fuori e disse: Andate e predicate queste parole di vita (Atti 5,19 Atti 5,20).
Nemmeno lui, Daniele, nonostante il divieto di pregare, si sottomise all’editto del re, non volendo mettere la gloria di Dio al di sotto di quella degli uomini. Infatti quando si muore per Dio, ci si può rallegrare di aver ottenuto così la vita eterna. E quando si soffre per Dio e si vive quaggiù nella purezza e nel timore, non bisogna dare il minimo pretesto di accusa a coloro che lo cercano, perché così essi saranno ancor più coperti di confusione.
Così i ministri cercavano contro Daniele un pretesto e non ne trovavano, perché egli era fedele. E se alcuni ci obbligassero a non adorare Dio e a non pregare, minacciandoci di morte, sarebbe più dolce per noi morire piuttosto che eseguire i loro ordini. “Chi”, infatti, “ci separerà dall’amore di Dio? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, il pericolo, la spada”? (Rm 8,35). Ecco perché il beato Daniele, che aveva preferito il timor di Dio e si era offerto alla morte, fu salvato dai leoni grazie all’angelo. Se egli avesse tenuto conto dell’editto, se fosse rimasto tranquillo per trenta giorni, la sua fede in Dio non avrebbe più avuto la sua purezza. “Nessuno può servire a due padroni” (Mt 6,24). Sempre l’arte del diavolo s’ingegna di perseguitare, opprimere, abbattere i santi per impedire loro di levare, nelle loro orazioni, “le mani sante” (1Tm 2,8) verso Dio. Egli infatti sa bene che la preghiera dei santi dà al mondo la pace e ai malvagi il castigo. Allo stesso modo, “quando”, nel deserto, “Mosè alzava le mani, Israele era più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek” (Es 17,11). È quanto ancor oggi ci capita: quando cessiamo di pregare, l’Avversario ha la meglio su noi, e quando ci aggrappiamo alla preghiera, la forza e la potenza del Maligno restano senza effetto.
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