In Dio la mia salvezza e la mia gloria,
è il Dio della mia forza
e mia speranza è lui.
In lui sperate, voi tutti qui riuniti,
aprite il vostro cuore innanzi a Dio
perché è il Signore, è lui che ci soccorre.
Sal 61 (62), 8-9
LETTURA
Il vitello d’oro e l’intercessione di Mosè: ricòrdati di Abramo.
Es 32, 7-13b
Lettura del libro dell’Esodo.
In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Va’, scendi, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto, si è pervertito. Non hanno tardato ad allontanarsi dalla via che io avevo loro indicato! Si sono fatti un vitello di metallo fuso, poi gli si sono prostrati dinanzi, gli hanno offerto sacrifici e hanno detto: “Ecco il tuo Dio, Israele, colui che ti ha fatto uscire dalla terra d’Egitto”». Il Signore disse inoltre a Mosè: «Ho osservato questo popolo: ecco, è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li divori. Di te invece farò una grande nazione».
Mosè allora supplicò il Signore, suo Dio, e disse: «Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Perché dovranno dire gli Egiziani: “Con malizia li ha fatti uscire, per farli perire tra le montagne e farli sparire dalla terra”? Desisti dall’ardore della tua ira e abbandona il proposito di fare del male al tuo popolo. Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”».
SALMO RESPONSORIALE
Sal 105 (106), 6-7c. 43ab. 44-46
R/. Salvaci, Signore, nostro Dio.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto, non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R/.
Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti.
Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. R/.
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R/.
EPISTOLA
Nessuno per le tribolazioni si lasci turbare nella fede.
1 Ts 2, 20 – 3, 8
Prima lettera di san Paolo apostolo ai Tessalonicesi.
Fratelli, siete voi la nostra gloria e la nostra gioia! Per questo, non potendo più resistere, abbiamo deciso di restare soli ad Atene e abbiamo inviato Timòteo, nostro fratello e collaboratore di Dio nel vangelo di Cristo, per confermarvi ed esortarvi nella vostra fede, perché nessuno si lasci turbare in queste prove. Voi stessi, infatti, sapete che questa è la nostra sorte; infatti, quando eravamo tra voi, dicevamo già che avremmo subìto delle prove, come in realtà è accaduto e voi ben sapete. Per questo, non potendo più resistere, mandai a prendere notizie della vostra fede, temendo che il tentatore vi avesse messi alla prova e che la nostra fatica non fosse servita a nulla. Ma, ora che Timòteo è tornato, ci ha portato buone notizie della vostra fede, della vostra carità e del ricordo sempre vivo che conservate di noi, desiderosi di vederci, come noi lo siamo di vedere voi. E perciò, fratelli, in mezzo a tutte le nostre necessità e tribolazioni, ci sentiamo consolati a vostro riguardo, a motivo della vostra fede. Ora, sì, ci sentiamo rivivere, se rimanete saldi nel Signore.
CANTO AL VANGELO
(Cfr. Gv 8, 46-47)
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!
Credete in me, dice il Signore;
chi è da Dio ascolta le parole di Dio.
Gloria a te, o Cristo, Verbo di Dio!
VANGELO
Abramo esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia.
Gv 8, 31-59
+ Lettura del Vangelo secondo Giovanni.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio».
Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
PREGHIERA DEI FEDELI
Leggi
Fratelli e sorelle, con fede incrollabile, rivolgiamo al «Dio di Abramo» le nostre suppliche perché, nel suo Figlio fatto uomo, ci guidi sulla strada della vera libertà.
Libera, o Dio, i nostri cuori!
– Per la Chiesa, perché, in virtù del sacrificio di Cristo, elevi sempre al cielo la preghiera di intercessione a favore di ogni uomo: preghiamo. R.
– Per le famiglie, perché, perseverando nel dialogo e nella preghiera, trovino sostegno nelle difficoltà e nelle prove della vita: preghiamo. R.
– Per ciascuno di noi, perché, facendo memoria del nostro Battesimo e rinnovando la nostra fede in Cristo, sappiamo vivere e testimoniare, in coerenza, la libertà dei figli di Dio: preghiamo. R.
COMMENTO AL VANGELO
S. AGOSTINO
Dal Commento al Vangelo di S. Giovanni 41, 3-5
Chiunque commette il peccato è schiavo del peccato (Gv 8, 34). É schiavo, e magari lo fosse dell’uomo piuttosto che del peccato! Chi non tremerà a queste parole? Che il Signore Dio nostro aiuti me e voi, in modo che vi possa parlare come si conviene di questa libertà cui si deve aspirare, e di quella schiavitù che si deve evitare. La verità stessa dichiara: Amen, amen, io vi dico. Che significa questa espressione del Signore Dio nostro: amen, amen, io vi dico? É un’espressione energica per richiamare l’attenzione su ciò che afferma: si può dire che è come la formula del suo giuramento: amen, amen, io vi dico. Amen significa “è vero”, “è così”. Si sarebbe potuto tradurre: “Io vi dico la verità”; ma né il traduttore greco né quello latino hanno osato tradurre la parola amen, che non è né greca né latina, ma ebraica. Non è stata tradotta, come per custodire gelosamente un segreto: non per sottrarlo, ma per timore che togliendo il velo il segreto si svilisse. Non una sola volta, ma due volte il Signore dice: Amen, amen, io vi dico, affinché dalla ripetizione stessa riconosciate come abbia voluto sottolineare l’affermazione.
Che cosa ha voluto sottolineare? “In verità, in verità, io vi dico”, dice la verità in persona; la quale anche se non affermasse “in verità io vi dico”, assolutamente non potrebbe mentire. Tuttavia insiste, sottolinea: vuole così scuotere chi dorme, richiamare l’attenzione di tutti, non accetta di essere ignorata o disprezzata. Che cosa intende affermare? In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Oh, miserabile schiavitù! Accade che uomini schiavi di duri padroni chiedano di essere venduti, non per non avere più padrone, ma almeno per cambiarlo. Che farà chi è schiavo del peccato? a chi si rivolgerà? presso chi ricorrerà? a chi chiederà di essere venduto? Chi è schiavo di un uomo, quando non riesce più a sopportare le dure imposizioni del suo padrone, cerca scampo nella fuga; ma chi è schiavo del peccato dove fugge? Dovunque vada, si porta dietro se stesso. La cattiva coscienza non può fuggire da se stessa, non ha dove andare, ovunque accompagna se stessa; anzi, mai se ne distacca, perché il peccato che ha commesso se lo porta sempre dentro. Ha commesso il peccato per procurarsi un piacere corporale; il piacere è passato, il peccato rimane; è passato ciò che procurava piacere, è rimasto il rimorso. Squallida schiavitù! Spesso si rifugiano presso la Chiesa, e nella maggior parte dei casi ci danno filo da torcere, uomini insofferenti di ogni disciplina, i quali non vogliono star soggetti ad alcun padrone, ma non sanno vivere senza peccato. Altri invece, sottoposti a un ingiusto e duro giogo, si rifugiano presso la Chiesa e invocano l’intervento del vescovo, perché da liberi sono stati ridotti a schiavi; e se il vescovo in tutti i modi non impedisce che la libertà nativa venga oppressa, lo si ritiene duro di cuore. Ricorriamo tutti a Cristo, invochiamo contro il peccato l’intervento di Dio liberatore, chiediamo di essere venduti, ma per essere ricomprati con il suo sangue. Siete stati venduti per niente – dice il Signore – e senza denaro sarete ricomprati (Is 52, 3). Senza denaro, cioè senza il vostro denaro, perché il prezzo l’ho pagato io. Questo dice il Signore: egli ha pagato il prezzo, e non in denaro ma con il suo sangue. Noi infatti eravamo schiavi e miserabili.
Solo il Signore ci può liberare da questa schiavitù: egli che non la subì, ce ne libera; perché egli è l’unico che è venuto in questa carne senza peccato. Anche i bambini che vedete in braccio alle loro mamme, ancora non camminano e già sono prigionieri del peccato: lo hanno ereditato da Adamo e solo da Cristo sono liberati. Anche ad essi, quando vengono battezzati, viene conferita questa grazia promessa dal Signore; poiché può liberare dal peccato solo chi è venuto senza peccato e si è fatto vittima per il peccato. Avete sentito quanto dice l’Apostolo, le cui parole sono state appena lette: Noi fungiamo da ambasciatori per Cristo, ed è come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo; cioè, come se Cristo stesso vi supplicasse. Di che cosa? Riconciliatevi con Dio (2 Cor 5, 20). Se l’Apostolo ci esorta e ci supplica a riconciliarci con Dio, vuol dire che eravamo nemici di Dio. Non ci si riconcilia infatti se non quando si è nemici. Ma è stato il peccato, non la natura, a renderci nemici. Nemici di Dio perché schiavi del peccato. Dio non ha per nemici degli uomini liberi: per essere suoi nemici è necessario essere schiavi e tali si rimane finché non si è liberati da colui del quale peccando gli uomini vollero essere nemici. Vi supplichiamo – dice l’Apostolo – in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio. Ma come possiamo riconciliarci con Dio, se non si elimina ciò che crea divisione tra noi e lui? Egli dice per bocca del profeta: Non è diventato duro d’orecchio per non sentire, ma sono i vostri peccati che hanno messo la divisione tra voi e il vostro Dio (Is 59, 1-2). Non è possibile la riconciliazione se non si elimina l’ostacolo che si frappone tra noi e lui, ponendo, invece, in mezzo ciò che deve starci. C’è di mezzo un ostacolo che divide, ma c’è altresì il Mediatore che riconcilia. Ciò che divide è il peccato, il mediatore che ci riconcilia è il Signore Gesù Cristo: Vi è un solo Dio e un solo mediatore tra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù (1 Tim 2, 5). Per abbattere il muro che divide, il peccato, è venuto quel mediatore che si è fatto ad un tempo vittima e sacerdote. E poiché si è fatto vittima per il peccato offrendo se stesso in olocausto sulla croce della sua passione, l’Apostolo, dopo aver detto: Vi supplichiamo in nome di Cristo: riconciliatevi con Dio, aggiunge, come se noi avessimo chiesto in che modo possiamo riconciliarci: Lui – cioè Cristo stesso – che non conobbe peccato, Iddio lo fece per noi peccato, affinché in lui noi diventassimo giustizia di Dio (2 Cor 5, 20-21). Lui – proprio lui, Cristo Dio – che non conobbe peccato, è venuto nella carne, cioè in una carne simile a quella del peccato (cf. Rm 8, 3), ma che tuttavia non era la carne del peccato, poiché in lui non v’era alcun peccato; e proprio perché in lui non c’era peccato, è diventato il vero sacrificio per il peccato.
Vedi