II DOMENICA DI QUARESIMA – A

Grandi e mirabili le tue opere, Dio onnipotente,
tu che lavi la Chiesa col lavacro dell’acqua
in virtù della parola di vita,
perché la tua misericordia resta in eterno!
Giuste e vere le tue strade, Re dei secoli,
che guidi il tuo popolo attraverso il deserto!
Cfr. Ap 15, 3; Ef 5, 26; Sal 135 (136), 16

LETTURA
La teofania al Sinai e la rivelazione del Decalogo.
Es 20, 2-24
SALMO RESPONSORIALE
R/. Signore, tu solo hai parole di vita eterna.
Sal 18 (19), 8ab. 9c-10. 15
EPISTOLA
Il Padre vi dia uno spirito di rivelazione per comprendere la grandezza della sua potenza, che egli manifestò in Cristo.
Ef 1, 15-23
CANTO AL VANGELO
(Cfr. Gv 4, 42. 15)
VANGELO
La Samaritana.
Gv 4, 5-42
PREGHIERA DEI FEDELI
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COMMENTO AL VANGELO

S. AGOSTINO
Dalle Ottantatre questioni diverse, 64

LA SAMARITANA

  1. I misteri evangelici espressi dalle parole e dalle azioni di nostro Signore Gesù Cristo non sono accessibili a tutti. Alcuni, interpretandoli superficialmente e sconsideratamente, il più delle volte recano danno invece della salvezza ed errore invece della verità. Tra questi misteri c’è quello in cui si narra che il Signore all’ora sesta venne al pozzo di Giacobbe; stanco del cammino si sedette e chiese da bere a una donna samaritana, e tutto il resto che, nello stesso passo delle Scritture, è proposto alla discussione e alla considerazione. A tale proposito si deve tener presente innanzitutto una regola da osservare con estrema diligenza in tutte le Scritture, perché l’esposizione del mistero divino sia conforme alla fede.
  2. Nostro Signore venne dunque al pozzo all’ora sesta. Nel pozzo scorgo una profondità tenebrosa. Sono pertanto esortato a scoprire le regioni inferiori di questo mondo, cioè le terrene, dove il Signore Gesù venne nell’ora sesta, ossia nella sesta età del genere umano, quasi nella vecchiaia del vecchio uomo, di cui ci viene comandato di spogliarci per rivestire il nuovo, creato secondo Dio. La sesta età infatti è la vecchiaia: poiché la prima è l’infanzia, la seconda la fanciullezza, la terza l’adolescenza, la quarta la giovinezza, la quinta la maturità. Pertanto la vita dell’uomo vecchio, che si svolge nella condizione temporale secondo la carne, si conclude con la vecchiaia nella sesta età. Nella vecchiaia dell’umanità, come ho detto, nostro Signore è venuto a noi come creatore e redentore per inaugurare in se stesso, mentre moriva il vecchio uomo, il nuovo che avrebbe trasferito nel regno celeste, purificato dalle macchie terrene. Ora il pozzo, come si è detto, indica dunque nella tenebrosa profondità il travaglio terreno e il traviamento di questo mondo. E poiché il vecchio uomo è esteriore e il nuovo interiore, l’Apostolo ha detto: Se anche il nostro uomo esteriore si corrompe, quello interiore si rinnova di giorno in giorno. È quanto mai appropriato – dal momento che tutte le cose visibili riguardano l’uomo esteriore: ad esse rinunzia la mortificazione cristiana – che il Signore venne al pozzo all’ora sesta, cioè a mezzogiorno, quando questo sole già comincia a volgere al tramonto. Infatti anche in noi, con la chiamata di Cristo, diminuisce il piacere delle cose visibili, sicché l’uomo interiore, ricreato dall’amore delle cose invisibili, si volga alla luce interiore che mai tramonta e, secondo l’insegnamento dell’Apostolo, non cerchi le cose visibili, ma quelle invisibili: le visibili infatti sono d’un momento, quelle invisibili invece eterne.
  3. Che poi al pozzo sia giunto stanco indica la debolezza della carne, che si sia seduto, l’umiltà: si è addossato infatti la debolezza della nostra carne, e con profonda umiltà ha voluto mostrarsi uomo tra gli uomini. Di questa debolezza della carne il Profeta dice: Uomo provato dal dolore e capace di sopportare la sofferenza. Dell’umiltà parla invece l’Apostolo che dice: Umiliò se stesso fatto ubbidiente fino alla morte. Il fatto che sedeva, dato che i dottori hanno la consuetudine di sedersi, potrebbe, in un altro senso, indicare non tanto la modestia dell’umiltà quanto l’autorità del maestro.
  4. Possiamo ancora domandare perché ha chiesto da bere a una donna samaritana, venuta a riempire d’acqua l’anfora, quando egli stesso avrebbe poi affermato di poter dare, a chi lo pregava, l’abbondanza della sorgente spirituale. Ma il Signore aveva sete della fede di quella donna, che era samaritana, e la Samaria simboleggia di solito l’idolatria. Essi, separati dal popolo dei Giudei, avevano consegnato l’onore delle loro anime ai simulacri di muti animali, cioè a vitelli d’oro, il nostro Signore Gesù era invece venuto a condurre la moltitudine delle genti, asservita agli idoli, al baluardo della fede cristiana e della retta religione. Egli dice infatti: Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Ha dunque sete della fede di coloro per i quali ha sparso il sangue. Le disse pertanto Gesù: Donna, dammi da bere. E perché tu sappia di che cosa aveva sete nostro Signore, dopo un po’ arrivano i suoi discepoli, andati in città a comprare provviste, e gli dicono: Maestro mangia. Ma egli rispose: “Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete”. E i discepoli si domandavano l’un l’altro: “Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?”. Gesù disse loro: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera”. Forse qui si può intendere che la volontà del Padre, che lo ha mandato, e la sua opera, che egli dichiara di voler compiere non ha altro scopo che la nostra conversione alla sua fede dai pericolosi traviamenti del mondo? Qual è dunque il suo cibo, tale è anche la sua bevanda. Pertanto in quella donna proprio di questo egli aveva sete: fare in lei la volontà del Padre e compiere la sua opera. Ma quella, intendendo in senso materiale, risponde: Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una Samaritana? Perché i Giudei non vanno d’accordo con i Samaritani. Nostro Signore le rispose: Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva. Voleva farle capire che non aveva chiesto quell’acqua a cui lei aveva pensato, ma che aveva sete della sua fede e a lei, che aveva sete, desiderava dare lo Spirito Santo. Questo infatti è il vero senso dell’acqua viva, che è dono di Dio, com’egli dice: Se tu conoscessi il dono di Dio. E come lo stesso evangelista Giovanni attesta in un altro luogo dicendo: Gesù, levatosi in piedi, esclamò ad alta voce: “Chi ha sete venga a me e beva; chi crede in me, come dice la Scrittura, fiumi di acqua viva sgorgheranno dal suo seno”. Con assoluta conseguenza dice: Chi crede in me, fiumi d’acqua viva sgorgheranno dal suo seno, perché, per meritare questi doni, noi prima crediamo. I fiumi di acqua viva che egli voleva dare a quella donna sono dunque il premio della fede di cui innanzitutto aveva sete in lei. Subito dopo espone il significato di quest’acqua viva, e dice: Questo egli disse dello Spirito che avrebbero ricevuto i credenti in lui. Infatti non era stato ancora dato lo Spirito, perché Gesù non era stato ancora glorificato. Questo è dunque il dono dello Spirito Santo, che ha dato alla Chiesa dopo la sua glorificazione, come afferma un altro passo della Scrittura: Ascendendo in alto, ha condotto schiava la schiavitù, ha distribuito doni agli uomini.
  5. Ma quella donna ha ancora idee materiali; infatti così risponde: Signore, tu non hai un recipiente per attingere e il pozzo è profondo, come puoi darmi acqua viva? Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci ha dato questo pozzo e da esso ha bevuto lui, i suoi figli e il suo bestiame? Questa volta il Signore spiega le sue parole: Chiunque beve di quest’acqua avrà di nuovo sete; ma chi beve dell’acqua che io darò, non avrà più sete in eterno; ma l’acqua che io darò diventerà in lui sorgente d’acqua che zampilla per la vita eterna. La donna però si attacca ancora alla prudenza della carne. Cosa risponde infatti? Signore, dammi quest’acqua, perché non abbia più sete e non venga più qui ad attingere. Le dice Gesù: Va’ a chiamare tuo marito e vieni qua. Ci chiediamo perché abbia parlato così, quando sapeva che non aveva marito. Quella infatti rispose: Non ho marito. Gesù le dice: Hai detto bene che non hai marito; infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero. Neppure queste parole si devono intendere in senso materiale, altrimenti anche noi saremmo simili a questa donna samaritana. Se noi abbiamo già assaporato qualcosa del dono di Dio, indaghiamo spiritualmente la questione.
  6. Secondo alcuni i cinque mariti sono i cinque libri dati da Mosè. Quanto poi alla frase: Quello che hai ora non è tuo marito, credono che il Signore l’abbia detto di se stesso, sicché il senso sarebbe questo: Prima eri soggetta ai cinque libri di Mosè come a cinque mariti; ma quello che hai ora, vale a dire quello che ascolti, che parla con te, non è tuo marito, perché non hai ancora creduto in lui. Ma poiché non crede ancora in Cristo, è perciò ancora soggetta a quei cinque mariti, ossia ai cinque libri; si può muovere l’obiezione, perché abbia potuto dire: Hai avuto cinque mariti, come se ora non li avesse più, mentre vive certamente ancora soggetta a loro. Inoltre dal momento che i cinque libri di Mosè non hanno altro scopo che annunziare Cristo, come dice egli stesso: Se credeste a Mosè, credereste anche a me, perché di me egli ha scritto, come si può affermare che l’uomo, per passare a Cristo, deve allontanarsi da quei cinque libri, quando colui che crede in Cristo dovrebbe attaccarsi con maggior ardore a quei cinque libri, per intenderli spiritualmente, invece di abbandonarli?
  7. C’è dunque un’altra interpretazione: i cinque mariti si riferiscono ai cinque sensi del corpo. Il primo, che risiede negli occhi, ci permette di vedere questa luce visibile, tutti i colori e le figure dei corpi; il secondo, quello delle orecchie, ci fa sentire le variazioni delle voci e di tutti i suoni; il terzo, quello delle narici, ci diletta con la varia soavità dei profumi; il quarto è il gusto, situato nella bocca: avverte il dolce e l’amaro e distingue tutti i sapori; il quinto, diffuso per tutto il corpo, distingue, al tatto, il caldo e il freddo, il molle e il duro, il liscio e il ruvido, e ogni altra sensazione tattile. La prima età dell’uomo, per necessità della natura mortale, è dominata da questi cinque sensi del corpo. Dopo il peccato del primo uomo nasciamo in tale condizione che, finché non ci sarà restituita la luce della mente, trascorriamo la vita carnale soggetti ai sensi del corpo senza alcuna idea di verità. Questa è necessariamente la condizione degli infanti e dei piccoli bambini, che non hanno ancora l’uso della ragione. E poiché questi sensi, che dominano la prima età dell’uomo, sono naturali e ci sono stati dati da Dio creatore, a ragione vengono detti mariti, cioè sposi, in quanto legittimi: non li ha infatti forniti la colpa per proprio vizio, ma la natura per opera di Dio. Ma quando uno arriva a quell’età in cui è ormai capace di ragione, se potrà cogliere rapidamente la verità, non resterà più sotto la guida di quei sensi, ma avrà un marito, cioè lo spirito razionale, al cui servizio ridurrà i sensi, sottomettendo il proprio corpo all’obbedienza. Quando l’anima non è più soggetta ai cinque mariti, cioè ai cinque sensi del corpo, ma ha come legittimo sposo il Verbo divino, al quale è intimamente unita, e anche quando lo spirito dell’uomo aderirà a Cristo, perché Cristo è il capo dell’uomo, allora godrà l’amplesso spirituale nella vita eterna senza alcun timore di separazione. Chi potrà dunque separarci dall’amore di Cristo? Ma poiché quella donna era legata dall’errore e simboleggiava la moltitudine del mondo schiava di varie superstizioni, dopo il periodo dei cinque sensi del corpo dai quali era dominata la prima età, come abbiamo detto, non era stata sposata dal Verbo di Dio, ma l’aveva posseduta il diavolo con vincolo adulterino. Allora il Signore, vedendo che era carnale, le dice: Va’ a chiamare tuo marito e vieni qui; in altre parole: rimuovi da te ogni affetto carnale, che ora ti tiene avvinta, e ti impedisce di comprendere ciò che dico: e chiama tuo marito, vale a dire: sii presente con spirito d’intelligenza. Lo spirito dell’uomo è in un certo senso sposo dell’anima e governa come una sposa la sensibilità animale. Non è lo Spirito Santo, che permane immutabilmente col Padre e col Figlio ed è donato senza mutazione alle anime pure, ma lo spirito dell’uomo di cui l’Apostolo dice: Nessuno sa cosa c’è nell’uomo se non lo spirito dell’uomo. Lo Spirito Santo è infatti lo Spirito di Dio, del quale dice di nuovo così: E nessuno sa le cose di Dio se non lo Spirito di Dio. Quando dunque questo spirito dell’uomo è presente, cioè dentro, e si sottomette religiosamente a Dio, l’uomo comprende ciò che è detto in senso spirituale. Quando invece nell’anima domina l’errore del diavolo, quasi che l’intelletto fosse assente, è adultero. Il Signore dice: Chiama dunque tuo marito, cioè lo spirito che è in te, col quale l’uomo può comprendere le cose spirituali, purché la luce della verità lo illumini. Sia presente lo spirito quando ti parlo, perché tu possa ricevere l’acqua spirituale. E poiché quella aveva detto: Non ho marito, Gesù rispose: Hai detto bene; infatti hai avuto cinque mariti, cioè i cinque sensi della carne ti hanno dominato nella prima età; e quello che hai ora non è tuo marito, perché non c’è in te lo spirito che conosce Dio con il quale tu possa stringere un vincolo legittimo; ma in te prevale piuttosto l’errore del diavolo che ti corrompe con una relazione adulterina.
  8. E forse per indicare agli intelligenti che con l’espressione cinque mariti sono raffigurati i cinque sensi del corpo, che abbiamo ricordato, dopo cinque risposte carnali questa donna nella sesta risposta nomina Cristo. Infatti la sua prima risposta è questa: Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me? La seconda: Signore, tu non hai un recipiente e il pozzo è profondo; la terza: Signore, dammi di quest’acqua, perché non abbia più sete e non venga più qui ad attingere; la quarta: Non ho marito; la quinta: Vedo che tu sei un profeta; i nostri padri hanno adorato su questo monte. Anche questa risposta è carnale. Agli uomini carnali era stato infatti concesso un luogo terreno per pregare: ma il Signore ha detto che gli spirituali avrebbero pregato in spirito e verità. E dopo queste parole alla sesta risposta, la donna riconosce che Cristo è il maestro di tutti costoro; dice infatti: So che verrà il Messia, cioè il Cristo, quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa. Ma s’inganna ancora, perché non vede che è già venuto colui che spera verrà. Tuttavia per la misericordia del Signore questo errore ora viene cacciato via come adultero. Gesù le dice infatti: Sono io, che ti parlo. Udito questo la donna non rispose, ma subito, abbandonata l’anfora, andò in fretta in città per annunciare il Vangelo e la venuta del Signore e non credere semplicemente. Non si deve neppure passare negligentemente sotto silenzio il fatto che si sia allontanata lasciando l’anfora. L’anfora sta forse a significare l’amore di questo mondo, cioè la cupidigia, con la quale gli uomini ricercano il piacere dal fondo tenebroso, di cui è simbolo il pozzo, vale a dire dalla vita terrena. Gustato questo piacere si accendono di nuovo desiderio, come dice il Signore: Chi beve di quest’acqua avrà di nuovo sete. Era dunque necessario, per credere in Cristo, rinunciare al mondo e, abbandonata l’anfora, dimostrare di essersi liberata dalla cupidigia terrena, non solo credendo col cuore per la giustizia, ma anche confessando con la bocca e proclamando ciò che credeva per [avere] la salvezza.

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