Sr. Maria Gabriella Masturzo, ocso
La libertà, che ritenevamo acquisita per tutti, va rimessa a tema. Nuove schiavitù ed esperienze di impoverimento sociale e personale ci vengono incontro, soprattutto attraverso gli organi di informazione e i canali della comunicazione sociale, con il loro continuo, martellante flusso di notizie. Le immagini di morte, di violenza, non arrivano solo da guerre, sempre più vicine, ma da volti di ragazzi appena ventenni, travolti da esperienze di fragilità esistenziale e disagio sociale, che rivelano come ciò che chiamiamo libertà e amore siano concetti ancora oscuri e inesplorati.
Una grande eco mediatica è seguita all’omicidio di una giovane universitaria da parte del ragazzo che diceva di amarla e che ha motivato quell’atto di criminale violenza con una frase che tutti i media hanno riportato: “era solo mia e non poteva essere di nessuno”. Uno strano fenomeno si è verificato a questo punto a livello nazionale: la famiglia della vittima, i giornalisti, i social, hanno preso a parlare del delitto come di un crimine del patriarcato (struttura sociale estinta da almeno due secoli), in un tentativo di colpevolizzazione radicale del genere maschile in quanto tale.
Insomma, ciò che con ogni evidenza è stato frutto di una patologia personale, viene imputato a mezzo mondo, quello maschile, che dovrebbe abbandonare la via vecchia per una via nuova che coincide con fumose suggestioni ideologiche.
Oppure la potremmo catalogare tra le tragedie sentimentali, una delle tante dalle origini del mondo ad oggi. Potremmo ritenerci sconfitti in partenza e ripetere con il Qoelet: “Quel che è stato sarà, e quel che si è fatto si rifarà; non c’è niente di nuovo sotto il sole.” (Qo 1,9)
E proprio a questo punto sentiamo quanto sia importante pensare al dramma della libertà, e a come una risposta sia possibile, e almeno possiamo tentare di darla avendo conosciuto nella persona e nelle parole del Figlio di Dio, la via per la verità e la vita, anche per noi.
Per evitare un discorso astratto sulla via del Vangelo come via di verità, libertà e amore che porti frutto, abbiamo nella nostra comunità l’esempio della Beata M Gabriella che a Dorgali è nata e ha fatto i suoi primi passi alla sequela del Signore.
Certo risaliamo a cento anni avanti, a una società dove alcuni valori come la famiglia, la fedeltà alla parola data, la religiosità, la fatica del lavoro e lo scontro con gli aspetti più ardui della vita erano parte del quotidiano e strutturavano l’io della persona. Eppure anche in Maria, la futura Sr. Gabriella, era presente il desiderio dell’evasione, la passione per il gioco e la lettura dei romanzi, la fuga dalla strettezza della vita di ogni giorno.
Una libertà può diventare evasione (e ogni tempo ha le sue forme e oggi sono estreme) oppure via per la realizzazione piena dell’io portando frutto nelle relazioni che la vita ci propone. Certo non esiste la formula perfetta per generare un soggetto adulto e responsabile, capace di costruire sempre qualcosa di buono e fecondo per sé e per il mondo intorno, la libertà è sempre scelta. Una via con la sua incarnazione il Signore Gesù è venuto a tracciarla.
San Benedetto ne ha colto i punti chiave: l’uomo (e la donna) è figlio, e lo è perché un Padre lo ha generato e lo chiama ad ascoltare la Sua voce e a vivere così una relazione feconda. “C’è un uomo che vuole la vita, che desidera vedere giorni felici?”. Già rispondere “io” è un vero atto di libertà. Segue l’operare, lasciarsi guidare dalla Fede e vivere l’esperienza ardua, spesso difficile, ma tanto soddisfacente dello stare nella realtà ed operare cose buone.
Ognuno ha un suo proprio percorso segnato dalla storia a cui appartiene; cercando la risposta senza pretesa e senza fuga, aderendo ai passi concreti da fare si percorre la via che conduce alla pace. Questo è stato vero per tutti gli uomini e donne che hanno portato una luce di sapienza nel mondo, ed è vero per ogni cristiano, laico o consacrato.
Nella tradizione benedettina la via inizia proprio dal sapere identificare (detto con parole terra terra) il capriccio, l’illusione, dalla via che attraverso la realtà porta alla realizzazione piena della propria vita così come il Signore l’ha pensata.
Conoscere se stessi, lasciarsi guardare in verità dai fratelli, affidarsi alla guida di chi ne ha la responsabilità, libera dai fantasmi di effimere immagini di sé, da illusioni ed esaltazioni della propria persona e stabilisce un approccio autentico e oggettivo con la realtà.
Mi sembra che le provocazioni dell’oggi siano un richiamo ad un’attenzione nuova da dare a quanti ci sono vicini e vivono maggiormente un’esperienza di dolore, confusione e isolamento, e non temere di mostrare il volto che Cristo ci ha manifestato nel suo vangelo, perché ogni uomo (e donna) possa riconoscere il proprio.