In questo momento in cui la Basilica di Santa Sofia sta diventando un luogo di culto per i musulmani con lo scopo dichiarato di cancellare i segni cristiani vogliamo condividere, a conforto della fede, questo splendido canto e l’esperienza dell’autrice che ha generato il canto. Grazie a Marina Valmaggi!
«Nel 1996 ho visitato Istanbul e naturalmente la basilica di Santa Sofia.
Entrando, sono rimasta impressionatissima, non solo per le sue dimensioni e per l’arte che ancora racchiude: ma perché a prescindere dal via vai di turisti e dalla distrazione dovuta al fatto che non era un luogo di culto, bensì un museo, trasmetteva un messaggio di verticalità, di rapporto con l’infinito, di trascendenza. Avvertivo la presenza della preghiera di secoli, come nelle chiese antiche, per esempio nelle chiese di Ravenna… tant’è vero che istintivamente mi sono fatta il segno della croce… ma la guida che era con noi mi ha bruscamente bloccata dicendo per queste cose si poteva finire in prigione!
Eppure dentro al mio cuore, dovunque girassi gli occhi, ero invitata a pregare.
La discontinuità delle pitture e dei mosaici è impressionante, perché molti sono stati coperti o distrutti; altri sono scrostati per l’incuria. Ma quello che ti comunicano è l’idea di una perfezione più grande, di una reale possibilità – oserei dire urgenza – di rapporto con l’infinito.
Dopo il primo impulso di meraviglia e di adesione del cuore a tutta quella bellezza, è nato in me il rimpianto, la malinconia per una cosa che sembra perduta per sempre… che non potrà più tornare alla sua splendida origine.
Quando sono uscita, avevo già in mente le parole di una canzone che avrei voluto dedicarle, una volta tornata a casa: “Aghia Sofia, dalle tue pareti hanno cacciato i santi”…
Poi, con il cuore appesantito dal dolore di questa perdita per la cristianità, per tutta l’umanità, siamo andati a visitare le Cisterne d’acqua, dove ancora più drammatica è stata la percezione di come sono vissuti per secoli i cristiani di questa città.
Dopo la caduta dell’impero bizantino, le crociate, le battaglie, l’assedio e il passaggio delle chiese cristiane nelle mani dei musulmani, i cristiani sono stati costretti a pregare come nelle antiche catacombe: a pregare in queste che ho chiamato “buie cattedrali della terra”. La loro cattedrale sotterranea era in realtà l’immensa cisterna d’acqua che serviva, in caso di assedio, o in caso di siccità, per la città intera. Le “cisterne d’acqua” sono diventate per me il vero volto, il volto sfigurato e sofferente, della chiesa di Santa Sofia occupata dai sultani che le hanno trafitto il cuore.
“Aghia Sofia, dalle tue pareti hanno cacciato i santi:
Aghia Sofia, ho pregato ancora tra le tue mura.
Solitaria e attonita la Vergine regge il Bambino senza sorriso.
Così da secoli annerisce l’oro dei mosaici nel museo dei vincitori.
Sono scesa in silenzio alle cisterne d’acqua, buie cattedrali della terra,
lontano dall’impronta dei sultani che ti hanno trapassato il cuore”.
Dal 1996, questo testo è rimasto per molto tempo senza la musica, perché il primo spunto non aveva avuto un seguito che mi convincesse.
Fino a quando, circa un mese fa, mi è venuto in mente di parlarne con alcuni amici ortodossi con i quali, nella diocesi di Rimini, sto facendo un’esperienza di amicizia fraterna e di preghiera attraverso il canto.
Abbiamo un coro internazionale (intitolato a San Nicola) con coristi di varie nazionalità e cantiamo insieme sia nelle liturgie comuni (come l’annuale Veglia di Preghiera per l’Unità dei Cristiani) sia in concerti.
Da questo rapporto è nato il contatto con un compositore di San Pietroburgo, p. Siluan “Tumanov”, un sacerdote che già ha scritto brani per questo singolare Coro che interpreta armoniosamente due tradizioni religiose e musicali. Gli abbiamo trasmesso il testo, debitamente tradotto.
In poche settimane ci ha inviato due versioni: una col testo italiano originale ed una, più complessa, in lingua russa. Ci sono piaciute tantissimo.
Da quel momento, abbiamo fatto una corsa contro il tempo perché volevamo che questo canto uscisse prima della trasformazione in moschea… per cantare simbolicamente, misticamente, ancora una volta fra quelle mura! Volevamo uscire prima del 24 e ce l’abbiamo fatta.
Per eseguirlo mi ero rivolta all’Ensemble In Canticis (un doppio quartetto vocale). E a due straordinari solisti russi: Olga Chechetkìna, mezzosoprano, e il basso p. Dmitry Zhavko.
Praticamente si tratta di un brano ecumenico, perché gli autori sono una cattolica ed un ortodosso, e gli esecutori sono un Ensemble vocale cattolico e due solisti ortodossi!
Abbiamo poi realizzato un video grazie alle immagini generosamente concesse da amici esperti di arte.
Contemporaneamente con la pubblicazione, in Tv è stata data la notizia che il tiranno turco ha fatto scrivere una canzone per Aghia Sofia, da diffondere in 11 Lingue.
Noi ne abbiamo soltanto due, e le abbiamo diffuse solo su piccoli “social”: ma il bene è “diffusivum sui”!
AGHIA SOFIA
Coro: Ensemble in Canticis Solisti: Olga Chechetkina e Dmitry Zhavko
Ecco la versione- più elaborata – in lingua russa.